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Visualizzazione dei post da maggio, 2019

Valore pedagogico del reddito universale su blockchain

"Chi sa fare, faccia. Chi non sa fare, insegni. E chi non sa insegnare ? Insegni pedagogia!" A 40 giorni dall'inizio dell'esperienza del reddito universale su blockchain è ancora un po' presto per trarre delle conclusioni significative, ma proviamo ad inidividuare il potenziale pedagogico dell'iniziativa che si propone come banco prova per una riforma strutturale del sistema di gestione degli scambi in denaro, oltreché come sussidio universale per eliminare la povertà a livello globale, cosa che appare come primo ambizioso obiettivo. Premetto che mi pongo come osservatore esterno di una iniziativa che è stata presa da un pubblico di appassionati proveniente da vari paesi e di estrazione sociale e culturale molto differenziata. I dati da cui elaboro delle osservazioni sono tratti da vari canali Telegram che in varie lingue trattano dell'esperienza, circa una decina, di cui il più affollato conta 2.300 partecipanti. I due paesi

Votare o non votare. ?

“Invece di agire come «cercatori di verità», gli elettori si comportano come «fan politici», facendo il tifo per una o per l’opposta squadra al pari dei tifosi sportivi. «L’ignoranza e la polarizzazione degli elettori li lasciano in balìa di politici senza scrupoli, ideologi e gruppi di interesse».  Un analfabetismo politico e istituzionale che si trascina fin dalla gioventù. Basta ascoltare i giovani alle prese con le loro prime visite ai seggi elettorali o anche solo nelle discussioni politiche che diventano, inevitabilmente, meri attacchi e contrattacchi partitici.  Come gli adulti del resto.  La scelta di chi deve rappresentare i cittadini in Parlamento e in tutti gli altri organi ed enti rappresentativi non può e non dovrebbe mai essere motivata dalle sole ideologie o, peggio, sul pregiudizio di chi ne professa di diverse.  Le scelte dei rappresentanti eletti si riflettono poi, inevitabilmente, su tutta la cittadinanza e sarebbe quindi opportuno iniziare a selezionare i gove

E' il clima che cambia ?

“E’ il clima che cambia.. non ci sono più le mezze stagioni”. Dai detti popolari siamo arrivati ad un punto in cui questa frase non è più un modo di dire simbolico, ma un dato di fatto. La comunità scientifica internazionale lo dice da anni, ma si sa, la scienza non è neutra, e molto spesso di fronte alle esigenze del mercato (e della politica), preferisce rimanere sul piano dell’enunciazione del pericolo. Conseguenza ne è che tutti gli accordi internazionali ad oggi siglati, da Kjoto in poi, sono a carattere volontario, e ogni Stato nel nome della sua sovranità nazionale può decidere se e come intraprendere misure che siano compatibili con i grandi problemi che il nostro Pianeta ci mette di fronte. Così accade, ad esempio, che al di là delle enunciazioni dell’UE sulla necessità di ridurre a zero il tasso di consumo di suolo, in Italia ancora una legislazione coerente non è stata formulata, e ogni regione può formulare leggi più o meno peggiorative a tal proposito, e predisporre der

Chi inquina paga?

Il quadro nazionale delle tasse ambientali in Italia è coerente col principio Chi inquina paga? Ci sono margini per una riforma della fiscalità ambientale, all’insegna di una maggior equità e trasparenza? In questo studio i costi esterni ambientali generati da ciascun settore dell’economia nazionale sono confrontati con l’ammontare complessivo delle imposte ambientali pagate dallo stesso settore così come definite e monitorate dall’Istat (accise sui prodotti energetici, imposte sui veicoli, tasse sul rumore e altre imposte su inquinamento e risorse naturali), allo scopo di formulare alcune ipotesi di riforma della fiscalità ambientale, all’insegna di una maggior equità e trasparenza. I costi esterni sono quei danni, generati da un’attività economica o sociale, che ricadono su terzi (sotto forma di effetti sanitari, danni a beni ed attività economiche) o sui ricettori ambientali (effetti a carico del capitale naturale e dei servizi eco-sistemici). Questo contributo stima i costi

La distruzione del patrimonio pubblico italiano. Le responsabilità dei nostri governanti.

Dopo l’assassinio di Aldo Moro, i nostri governanti, divenuti vittime del neoliberismo, pensiero unico dominante, hanno fatto di tutto per togliere al Popolo il proprio patrimonio pubblico (la “proprietà pubblica”,   di cui all’art. 42 Cost., comma 1, primo alinea), dimenticando che, come un individuo non può fare nulla se non ha un suo piccolo patrimonio, così un “Popolo”, e cioè, come diceva il Pugliatti, un “Soggetto plurimo”, non può fare nulla se è privato del “patrimonio pubblico”.  Questo fine perverso è stato perseguito su due piani: quello “finanziario” e quello puramente “economico”. Sul piano finanziario, c’è stato l’adeguamento dell’Italia al sistema globale della “finanziarizzazione” dei mercati.  Si è, in altri termini, dato per legge valore di “moneta” a dei semplici “prodotti finanziari” tossici per l’economia perché di non sicura realizzazione. I “prodotti finanziari” sono stati molti e di diverse specie, ma tutti inficiati dall’incertezza

La crisi del sistema Giacinto Auriti

Il sistema bancario aveva compreso che spostando la “convenzione” monetaria dal simbolo merce al simbolo di costo nullo (del quale controllava e controlla l'emissione per privilegio legislativo assegnatogli), poteva appropriarsi di tutti i valori creati sul mercato. Con la demonetizzazione dell'oro operata dal sistema bancario, oro che all'epoca era considerato la moneta riconosciuta da tutti, sottrasse ai vertici politici tradizionali ( per loro stessa legislazione) tutto il valore monetario di cui disponevano, cioè tutta la potenzialità economica e la sovranità politica dei reami ( oggi gli Stati ). I forzieri d'oro delle monarchie europee e dei loro popoli, che per tradizione facevano affidamento sul valore monetario universalmente riconosciuto all'oro , furono svuotati del loro contenuto immateriale: il valore. Proprio perchè iniziarono a dare valore convenzionale alle promesse di pagamento dei banchieri,alle banconote, alla carta. Su questi presuppo

Una montagna di miliardi

Le montagne di miliardi che attualmente si ammassano nelle casse di poche famiglie devono tornare a disposizione delle moltitudini di esseri umani. Oggi, su tre euro che spendiamo, due vanno in tasse e interessi.  Quando invece la moneta viene emessa da un ente pubblico, essa è proprietà di tutti i cittadini, che quindi entrano in possesso del diritto di godere interamente del frutto del proprio lavoro. Tutti, lavorando, hanno contribuito alla crescita dell’economia e quindi a creare valore monetario. Sembra ovvio che i benefici della moneta debbano andare a coloro che fanno girare l’economia. Finché una banda di bankster detiene però la sovranità monetaria, la forbice tra ricchi e poveri continua ad aprirsi. Per realizzare l’ideale socialista è fondamentale eliminare il reddito senza prestazione, cioè la rendita da capitale chiamata interesse o usura. L’uomo, per poter prosperare al meglio, ha bisogno di un sistema economico naturale, nel senso di “adatto” all

Copertura banda larga in Italia

I NOSTRI SERVIZI In più occasioni la mappa è stata modificata e implementata sulla base delle segnalazioni degli utenti rispetto a quanto comunicato dagli operatori. Il crowdsourcing ha perfezionato così la rappresentazione dell’esistente. Vediamo così gli ultimi dati (giugno 2018) sulla copertura banda larga 28 Lug 2018 Mario Morcellini commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e Consigliere alla Comunicazione, Università La Sapienza Le ultime rilevazioni Agcom (giugno 2018, con modalità dettagliate, basate su 360mila sezioni censuarie) dicono che il 5,6 per cento della popolazione circa non ha copertura Adsl (dato che potrebbe dimezzarsi se includiamo la copertura fixed wireless access, di cui però non ci sono mappe ufficiali), a cui si può sommare un 2,37 per cento di persone che è sì coperto ma non arriva a 2 Megabit . La copertura da 30 Megabit in su (Vdsl2-fibra fino agli armadi o fibra nelle cas

Il debito pubblico italiano: la truffa è servita

Secondo tecnocrati finanziari, élite politiche e media mainstream, la vorticosa ascesa del nostro debito pubblico – 2.217,7 miliardi al 31 dicembre 2016 – dipenderebbe dal fatto che per decenni tutte e tutti noi abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Ma l’analisi dei dati storici e attuali ci mostra una realtà molto diversa da quella raccontata dalla narrazione prevalente. Proponiamo un capitolo dal volume " Dacci oggi il nostro debito quotidiano. Strategie dell’impoverimento di massa " di Marco Bersani (DeriveApprodi), in questi giorni in libreria. di Marco Bersani   La spirale del debito pubblico tra ideologia e realtà Al 31 dicembre 2016, il debito pubblico italiano è risultato pari a 2.217,7 miliardi, con un rapporto debito/Pil pari a 132,8%. Si tratta, a dispetto dei proclami di tutti i governi sulla priorità assoluta della riduzione del debito pubblico, di una continua ascesa, che, se collocata nel medio periodo

Rapporto Italiani nel Mondo 2018

Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno ci dicono che a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su La presenza strutturale Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) a più di 5,1 milioni. Al 1 gennaio 2018 gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE sono 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data. La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni. A livello continentale l’Europa ac

”TRA DIECI ANNI, L’ITALIA NON ESISTERA’ PIU’

Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. E peggiorerà”. Così Roberto Orsi, professore italiano emigrato a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo futuro del Belpaese. Il termometro più indicativo della crisi italiana, secondo Orsi, è lo smantellamento del sistema manufatturiero, vera peculiarità del made in Italy a tutti i livelli: “I