Da anni si parla di accelerare i pagamenti delle amministrazioni, ridurre il numero delle stazioni appaltanti, abbreviare i tempi delle valutazioni ambientali e via dicendo. Riforme che, tra l’altro, non avrebbero alcun costo. Eppure restano chiuse nei rispettivi cassetti, ben chiusi.
Nemmeno il governo Conte, che ha fatto della parola
“semplificazione” uno slogan, è passato dagli impegni verbali ai
fatti.
Il motivo di una latitanza così ostinata delle politica?
Innanzitutto, secondo Cassese, “le riforme necessarie non costano,
ma non rendono alla politica. Richiedono tempo per essere attuate e
producono risultati sul medio-lungo periodo, un arco temporale che va
al di là degli obiettivi di qualunque politico di oggi”.
Inoltre coinvolgono il Parlamento, “organo che pensa di risolvere problemi complicati con la bacchetta magica della legge, mentre un migliore rendimento dello Stato è semmai legato a un minore numero di leggi, e a leggi di principio piuttosto che di dettaglio”
“Il terzo punto riguarda il deficit di competenza – insiste
Cassese – legato a un carente addestramento della classe politica,
ma anche a disattenzione dei grandi centri di rilevazione dei dati.
La disattenzione per il buon funzionamento dello Stato dipende però
anche dall’opinione pubblica, distratta dal ‘balletto della
politica’ e poco informata dai ‘media’ su ciò che accade e su
ciò che non accade nelle stanze del potere burocratico.
Buoni ultimi, sono causa della disattenzione per le riforme che non costano anche coloro che ne beneficerebbero, i burocrati, ogni giorno accusati di impedire la modernizzazione del Paese, ma adagiati nel ‘tran tran’ quotidiano, e quasi afoni, mentre dovrebbero far sentire la loro voce competente sulle grandi questioni quotidiane”.
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