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L’agricoltura è diventata «una macchina che trasforma petrolio»

Il cambiamento climatico mette a rischio la biodiversità. L’allarme viene dal rapporto Integrare l’Agrobiodiversità nei sistemi alimentari sostenibili realizzato da Bioversity International. Già il numero degli animali si è dimezzato in poco più di un secolo (gli esperti parlano addirittura di un’imminente estinzione di massa, la sesta), ora pure la varietà genetica delle piante commestibili rischia di omologarsi, impoverendosi di sostanze nutritive fondamentali per la dieta umana.

Secondo i dati del rapporto, infatti, il 75% del cibo mondiale è affidato a 12 colture e a cinque specie animali. Delle 5.538 specie vegetali commestibili per l’uomo, solo tre – riso, grano e mais – forniscono più del 50% dell’apporto calorico generale. Paradossalmente, in un momento in cui l’accesso a prodotti diversi non è mai stato così vasto, la dieta globale nel suo complesso sta diventando sempre più omogenea: cala il consumo di legumi, frutta e verdura mentre predominano amidi, carne e latticini.

Le monocolture e i cibi la cui produzione è basata sugli allevamenti intensivi fanno sì che l’agricoltura sia un elemento dannoso per l’ambiente. Il solo settore primario contribuisce con il 24% delle emissioni di gas serra, oltre a essere il più grande sfruttatore di acqua dolce del pianeta. Da una parte l’espansione di terreni destinati alla zootecnia intensiva, sta mettendo a rischio l’esistenza del 62% delle specie animali già inserite nella lista dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), dall’altra la produzione di frutta, verdura e legumi è diminuita del 22%. Ciò significa che esiste un grande disequilibrio a livello di sistema, tanto che il panel internazionale sui cambiamenti climatici (Ipcc) stima che in ciascuna delle tre decadi da qui al 2050 la produzione agricola calerà del 2%, mentre la domanda di cibo crescerà del 14%.

Insomma, se continuiamo a misurare l’agricoltura in termini di “resa per ettaro” o in “calorie prodotte” non raggiungeremo i cosiddetti obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg o Sustainable Development Goals) promossi dall’Onu e firmati nel 2015 da tutti i 193 paesi del mondo. Per questo i ricercatori della Bioversity propongono l’istituzione di un Indice di Agrobiodiversità da far adottare a ogni governo e in grado di guidare gli investimenti agricoli sul lungo termine, improntati alla sostenibilità e connettendo maggiormente tra di loro i settori economico, ambientale e sociale.

Ma tutto ciò è possibile solo se si comprende l’importanza della biodiversità, soprattutto in termini apporto nutritivo. Il riso è un esempio su tutti: a seconda della varietà consumata, 200 grammi di riso al giorno possono rappresentare meno del 25% o più del 65% della dose giornaliera raccomandata di proteine. «Abbiamo puntato tutto su poche specie, non perché siano le più buone o le più sane» scrive il giornalista Antonio Cianciullo su La Repubblica «ma perché sono quelle che si adattano meglio a un sistema industriale che ha espugnato l’agricoltura trasformandola in una macchina che trasforma petrolio».

Con Slow Food e tutta la rete di Terra Madre lavoriamo per restituire dignità e valore al lavoro agricolo, per far sì che si possa arrivare a un modello di produzione alimentare che metta al centro il lavoro dell’uomo e il rispetto per tutte le risorse. E che faccia della biodiversità un baluardo di resistenza. Ora, con Menu for Change ci siamo impegnati in una nuova campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi che evidenzi il rapporto tra produzione alimentare e cambiamento climatico e ci dia gli strumenti per rafforzare chi sceglie metodi di produzione alimentare che non contribuiscono al riscaldamento globale. Scopri come puoi partecipare e ti ringraziamo fin da ora per il tuo contributo.

Maurizio Bongioanni

 

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