di Margherita Marzario
Abstract: Insegnare liberamente arte e scienza e insegnare con arte e scienza, non solo un principio costituzionale ma una regola di vita
“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33 comma 1 Costituzione).
È interessante rileggere e interpretare, nel XXI secolo, il 1° comma
dell’art. 33 della Costituzione mutuando le parole di esperti in vari
settori.
Il cantautore don Giosy Cento scrive: “L’educazione è mettere in movimento il cielo che ogni persona ha dentro”. Perché educare è condividere e trasmettere un’ispirazione e aspirazione di vita. Educare è far alzare lo sguardo degli educandi al cielo, è far dipingere il loro cielo con i colori che hanno a disposizione esprimendo le nuance delle loro emozioni, far scorgere un arcobaleno ancor prima che spunti. Arte e vita, arte è vita: passione da trasmettere ai giovani e da promuovere nei giovani per innalzarli dal limbo in cui si adagiano o sono lasciati adagiare. Bisogna trasmettere che la vita è fatta di arte, dall’arte del comunicare all’arte del ricominciare.
Lo scrittore e saggista Pier Luigi Celli scrive: “Per ridare speranza ai
giovani l’insegnante deve essere un maestro. Un nuovo mondo è possibile
sulla base di una realtà antica: il maestro”. Il maestro è
quell’insegnante che possiede e condivide l’arte, la scienza e la
libertà. “Maestro”, composto da “magis”, più e il suffisso “-tero”, che
indicava opposizione fra due (e, pertanto, “il più grande, il
maggiore”): il maestro, pertanto, dovrebbe essere colui che fra due
possibilità dovrebbe fornirne un’altra, tra due vie dovrebbe indicare
l’alternativa, la libertà. In questo, però, dovrebbero crederci tutti,
dal Ministero preposto al singolo genitore.
Un’altra bella definizione di maestro è quella del teologo e scrittore
Valentino Salvoldi: “Ecco l’identikit del maestro di vita: uno che ti
conosce personalmente. Ti ama. Ti crea spazi in cui tu possa
realizzarti. Ti parla da entusiasta ad un punto tale da operare miracoli
per sé e per te”. Arte, scienza e libertà, in altre parole principi,
mezzi e obiettivi di vita, la vita stessa: e questo è il vero
insegnamento di vita e per tutta la vita. Come l’esempio dato da grandi
maestri in passato, tra cui il “maestro di montagna” Gianni Faè che,
negli anni Cinquanta nella minuscola frazione di montagna Sant’Andrea di
Badia Calavena, notando le incisioni che gli alunni della pluriclasse
facevano sui banchi si rivolse al poeta e ingegnere Leonardo Sinisgalli a
Roma, il quale mandò loro un piccolo torchio per la stampa e una
cassetta di caratteri mobili e così gli scolari divennero i più piccoli
giornalisti d’Italia.
Sulle peculiarità del maestro anche la scrittrice Michela Murgia
precisa: “È impossibile sterilizzare il fascino di chi è maestro: fuori
dai ruoli ufficiali che regolamentano le relazioni tra adulti e giovani,
è il solo che può insegnare quello che sa attraverso quello che è”.
“Fascino” dovrebbe significare etimologicamente “parlare” (dalla stessa
radice di “fama”): ogni insegnante, pertanto, col suo parlare, col suo
manifestare dovrebbe incarnare il binomio di arte e scienza.
Michela Murgia aggiunge: “Il lavoro misterioso dei docenti, quello che
nessun contratto remunera, vale più di mille riforme intitolate alla
buona scuola”. Insegnare è mettere in circolo qualcosa che rimane e
ritorna. Uno dei risultati attuali del connubio “arte, scienza e
libertà” è stata, nel 2015, l’ideazione dello spettacolo contro il
bullismo “La Bulla di Sapone”, scritto e musicato dalla Scuola di Musica
del Garda (provincia di Brescia).
“Un vero insegnante sa cambiarti la vita – così il giornalista Francesco
Giorgino –. Sa aiutarti a capire ciò che è meglio per te. Sa
valorizzare il tuo talento. Se io sono diventato un giornalista, se mi
sono appassionato alle scienze sociali, in modo particolare alla
sociologia, lo devo in gran parte agli insegnanti […]. Mi hanno abituato
a leggere in modo critico i quotidiani, a guardare i telegiornali, ad
ascoltare i giornali radio e mi hanno abituato a studiare la filosofia
sociale. Sosteneva William Arthur Ward [scrittore statunitense]:
«L’insegnante mediocre parla, il buon insegnante spiega, l’insegnante
superiore spiega e dimostra, il grande insegnante ispira». Io sono stato
ispirato!”. Insegnare non è implementare ma instillare, non è inserire
dati ma inculcare.
“È sufficiente un professore – uno solo! – per salvarci da noi stessi e
farci dimenticare tutti gli altri” (da “Diario di scuola” di Daniel
Pennac). L’insegnamento sia veramente professare (“dichiarare
pubblicamente”, “riconoscere solennemente”) l’arte e la scienza e
soprattutto la libertà.
Don Antonio Mazzi, in qualità di esperto di problematiche giovanili,
lancia un monito: “[…] la scuola dovrebbe divenire un luogo creatore di
tensioni al mutamento. La vita è l’opposto della noia e la cultura è
matrice di curiosità, di capacità di apprendimento e di rinnovamento. Ce
lo dice Zagrebelsky [giurista]: «Il divenire è la generazione del
nuovo, la continua rigenerazione, cioè il costante nuovo inizio a
partire dallo stadio precedente al quale si mette fine, per iniziare
l’esplorazione attraverso affiancamenti e distanze che prendiamo nei
confronti di chi ci ha generato. Questa è la legge della vita e arriva
prima della trigonometria, delle guerre puniche e di Leopardi»”. Gli
insegnanti: coloro che lasciano segni emozionali e che, nella vita,
contribuiscono a tracciare disegni esistenziali.
La storica e saggista Lucetta Scaraffia chiarisce: “Letteratura, poesia,
arte, sono nutrimenti a una facoltà in via di estinzione:
l’immaginazione. Gli insegnanti non dovrebbero limitarsi a insegnare
nozioni prefabbricate, oppure i tanto conclamati «metodi» di ricerca, ma
hanno un compito più importante, generante, cioè devono educare, ovvero
portar fuori l’allievo, indirizzarlo verso la libertà di pensare e
creare, portarlo a capire che il futuro è una potenzialità deposta anche
in lui, da immaginare e costruire da ciascuno. Del resto, non è detto
che i frutti dell’immaginazione debbano essere solo arte e poesia: anche
le iniziative produttive più nuove sono nate da essa, cioè dal saper
pensare al futuro, dal generare idee originali. Ma coltivare
l’immaginazione significa avere del tempo vuoto davanti, provare
desideri per un tempo lungo, desideri importanti, per realizzare i quali
è necessario sforzo e riflessione”.
Gli insegnanti hanno una grossa
responsabilità: non a caso gli articoli della Costituzione relativi
all’insegnamento, articoli 33 e 34, sono posti tra la disciplina della
salute (art. 32) e quella del lavoro (artt. 35 e ss.), ovvero gli
insegnanti concorrono al benessere dei ragazzi e al loro futuro
professionale.
La scuola: volendo fare un gioco di parole la scuola è la “suola” su cui
si poggia il cammino di ogni uomo e di ogni società (familiare, civile,
politica), è il “suolo” sul quale si edificano le persone, i cittadini,
il futuro. Purché non rimanga “sola”! La scuola, più che un’agenzia
educativa che offre servizi, è (o dovrebbe essere) soprattutto un
soggetto educativo che costruisce e contribuisce a relazioni di crescita
e in crescita. La scuola è un ambiente di lavoro che dovrebbe
distinguersi dagli altri perché si mettono le mani nell’impasto della
vita altrui.
Già Plutarco sosteneva: “La mente non ha bisogno, come un vaso, di
essere riempita, ma, come legna da ardere, ha bisogno solo di una
scintilla, che la accenda, che vi infonda l’impulso alla ricerca e il
desiderio della verità”. Da un combinato disposto dell’art. 9 comma 1
Costituzione, “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica”, e dell’art. 33 comma 1 Costituzione si
ricava che un buon insegnante deve trasmettere lo spirito della ricerca e
della libertà: vita e vitalità.
“Arte” è contenuta nella parola “partecipazione” (“partecipare” trae
origine dalla stessa radice del verbo latino “parere”, che significa
“produrre”), perché è un modo per “prendere parte” alla vita, mentre
“scienza” evoca “conoscenza” e “coscienza”, concetti che richiamano
quelli espressi nell’art. 31 della Convenzione Internazionale sui
Diritti dell’Infanzia ove al par. 1 si legge: “Gli Stati parti
riconoscono al fanciullo il diritto al riposo, allo svago, a dedicarsi
al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età, ed a
partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica”. L’effettiva
partecipazione che rende cittadini, come si evince dall’art. 3 comma 2
della Costituzione.
Non solo, si noti pure che il Costituente ha inserito questo assunto
nell’art. 33 immediatamente successivo all’art. 32 relativo alla salute,
giacché arte, scienza e libertà sono strumenti di prevenzione e
promozione della salute più piena. Arte e scienza che non sono materie
scolastiche ma discipline di vita, diritti ad una vita piena come
espressi nella Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura
(testo rilevante ma non prescrittivo, presentato a Bologna il 3 marzo
2011). Etimologicamente “arte”, dalla radice “ar”, è “andare, mettere in
moto, muoversi verso qualcosa”, “scienza”, dalla radice “ska” o “ski”,
“tagliare, separare le cose”, “libertà”, dalla radice “lib”, “piacere,
gradimento”: ciò che caratterizza l’uomo, insieme alla famiglia e al
lavoro. L’arte e la scienza hanno fatto progredire l’uomo, sono
propensione al futuro, sono il futuro stesso: basti pensare ai graffiti
dell’uomo primitivo e alle sue scoperte arrivate all’uomo contemporaneo e
ancora studiate o al grande esempio del genio artista e scienziato
Leonardo da Vinci.
Gianni Rodari dissertava sul binomio arte e scienza e sulla sua
polivalenza nel 1973, ancor prima della Convenzione Internazionale sui
Diritti dell’Infanzia e dello sviluppo di una nuova cultura
dell’infanzia: “Se una società basata sul mito della produttività (e
sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli
esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol
dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono
uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione. […]
«Creatività» è sinonimo di «pensiero divergente», cioè capace di rompere
continuamente gli schemi dell’esperienza. È «creativa» una mente sempre
al lavoro sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri
trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle
quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e
indipendenti (anche dal padre, dal Professore e dalla società), che
rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi
inibire dai conformismi. Tutte queste qualità si manifestano nel
processo creativo. […] Nessuna gerarchia di materie. E, al fondo, una
materia unica: la realtà, affrontata da tutti i punti di vista, a
cominciare dalla realtà prima, la comunità scolastica, lo stare insieme,
il modo di stare e di lavorare insieme. In una scuola del genere il
ragazzo non sta più come un «consumatore» di cultura e di valori, ma
come un creatore e produttore, di valori e di cultura”.
L’immaginazione
genera quell’iniziativa imprenditoriale di cui all’art. 41 della
Costituzione, quelle start up giovanili che dimostrano che la scuola è e
può essere ancora un luogo vivo di idee, come l’Istituto Galilei –
Costa di Lecce.
Operando e adoperandosi in tal senso la scuola contrasta la povertà
educativa minorile ed esplica il suo significato etimologico di “quiete,
aver tempo di occuparsi di una cosa per divertimento, tempo libero
(quindi piacevole, propizio per coltivare idee)”, e realizza gli
adempimenti per il futuro quali il trinomio “scienza, tecnologia e
innovazione” (che ricorre nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile
(risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015) e
“un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute
umana” (dal n. 2 del Preambolo del Pilastro europeo dei diritti sociali
del 17 novembre 2017).
Insegnare è seminare senza clamori per raccogliere primizie di emozioni nel tempo seppure lontano.
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