NON È AFFATTO SEGRETO.
DISTRUGGERE L'ITALIA, PER POI FARLA RICOSTRUIRE
DALLE MULTINAZIONALI DEL SETTORE “CORPORATE”.
Guido Grossi: «Crediamo ancora che il potere sia rimasto nei governi, nei Parlamenti: lì non c'è rimasto più niente. Lì c'è solo la rappresentazione della decisione politica, ripresa dai giornali.
Chi prende le decisioni opera altrove. Non sono incappucciati che si nascondono nelle cantine: non c'è nessun complotto, perché tutto è alla luce del sole. Basta leggere, con un po' di pazienza, i documenti pubblicati dal Gruppo dei Trenta, sui siti delle banche centrali e della Commissione Europea, della Trilaterale.
Documenti pubblicati da decenni. E' tutto molto chiaro: scrivono, nero su bianco, quello che intendono fare. Draghi è “membro anziano” del Gruppo dei Trenta. E, poco prima di diventare presidente del Consiglio, è stato a capo di una commissione che ha redatto un importante documento: “Come ristrutturare e rivitalizzare il settore Corporate”».
«E' un documento scritto in inglese, in linguaggio tecnico. Vi si legge: E' compito delle istituzioni politiche, quindi degli Stati, attuare una distruzione creativa del sistema socio-economico e socio-politico così come lo conosciamo, per permettere poi al settore Corporate la ricostruzione».
Quindi, dopo aver scritto questo nell'ambito del Gruppo dei Trenta, Draghi va oltre: va a occupare quella posizione che, come lui stesso ha scritto, ha il compito di “distruggere creativamente” la società italiana nella sua forma di oggi. Cos'è il settore Corporate? E' quel mondo di grandi aziende, che un tempo si chiamavano multinazionali; oggi è decisamente più corretto dire “sopranazionali”, perché hanno potere e budget ben al di sopra dei più grandi Stati nazionali».
«Queste aziende rappresentano un sistema dove tutto è collegato a tutto. E ci sono organismi sovranazionali dove, molto spesso, il confine tra ciò che è pubblico e ciò che è privato si perde completamente.
E' una pletora di organismi sovranazionali: l'Unione Europea è soltanto il pezzo più grande e appariscente. Ci sono pezzi di Stato nazionale che, di fatto, non rispondono più alle popolazioni: rispondono direttamente al settore Corporate, perché è in grado di inserire i propri rappresentanti nei posti di responsabilità. Tutto questo settore ha un obiettivo molto semplice: continuare ad accumulare ricchezza e potere.
Controlla sistematicamente tutte le banche centrali, le grandi banche d'affari, le banche dove l'attività commerciale si è mescolata all'attività finanziaria: e questo non permette alle persone di capire cosa succede ai propri risparmi».
«Noi non ne siamo consapevoli; ma, quando compriamo un prodotto finanziario, quando apriamo un deposito o facciamo una qualunque operazione con i nostri risparmi, stiamo finanziando il settore Corporate (cioè la speculazione) e le scelte produttive delle grandi multinazionali.
Questo perché il settore bancario, grazie ai regolamenti di Basilea e a tanti altri interventi, di fatto indirizza nel settore Corporate il 99,99% dei soldi che riceve da noi risparmiatori, insieme al denaro creato dal nulla dalle banche centrali.
Dunque: finanza speculativa (bolla finanziaria) e finanziamento delle grandi aziende sovranazionali. Dal 1985 in poi, sciolto definitivamente il legame con l'oro, il denaro creato dal nulla è stato usato “anche” per finanziare l'economia reale. Risalgono a quel momento le risorse per gli investimenti che hanno reso possibile Internet e tutto lo sviluppo tecnologico a partire dagli anni '90».
«Lasciar fare ai mercati, allora, sembrava cosa buona e giusta: ne traevano beneficio le popolazioni intere, veniva garantito il progresso dell'umanità. Contemporaneamente, però, si è avviato quel processo di separazione fra le popolazioni, gli organismi intermedi e la politica: che è finita totalmente nelle mani dei mercati e del settore Corporate. Questo, insieme alla lentezza del processo, ha fatto sì che noi non ci rendessimo assolutamente conto di quello che stava succedendo. Lasciar fare ai mercati, mettere un tecnico al posto di un politico, ci sembrava una cosa normale, corretta. Oggi apriamo gli occhi, dopo qualche decennio, e ci rendiamo conto del fatto che i tecnici e i mercati hanno interessi totalmente diversi dai nostri (anzi, decisamente contrastanti)».
«Quello che ci dicono da tempo è che ci sarà una grande “rivoluzione verde”. Cosa ci aspettiamo: prati e alberi? No: produzione di energia, che - verniciata di verde - ci sembrerà un po' diversa, ma non sarà certo nel nostro interesse. Di fatto, quello che sta succedendo è che il costo dell'energia sale. E non facciamo le cose semplici, alla nostra portata. In un paese come l'Italia, baciato dal sole, avremmo potuto fare investimenti enormi, per avere energia a bassissimo costo, rinnovabile e non inquinante. Ma abbiamo preferito non fare investimenti: abbiamo scelto di far produrre pannelli solari ai cinesi, abbiamo smesso di finanziare certe produzioni».
«Purtroppo, non abbiamo idea di quali sono i nostri reali bisogni: 999 persone su mille, e forse anche di più, non sanno che cosa desiderare. Non sanno cosa dovrebbe e potrebbe fare, un politico, per farci stare tutti bene. E questo è gravissimo: perché, qualunque cosa ci propinino, al massimo possiamo percepire che “non suona”, ma non abbiamo alternative e non siamo in grado di valutare. Quindi, alla fine, le persone che cosa fanno? Sperano. Sì: sperano che Draghi, in quanto grande economista, risolva i problemi. Ma Draghi viene ad attuare la “distruzione creativa”: l'ha detto, l'ha scritto, lo sta facendo».
«L'Italia ha un'economia caratterizzata da una grande rete di piccole e medie imprese, moltissime addirittura “unipersonali”. E' il caso dell'imprenditore, spesso artigiano, che fa le sue cose con amore: e quindi fa cose belle, che piacciono e che vende facilmente anche in giro per il mondo (non è casuale il prestigio del marchio Made in Italy). Bene: questa rete di piccole imprese ha bisogno di servizi. Un tempo venivano offerti dalle Partecipazioni Statali: grandi aziende miste, pubblico-private, che erogavano (a basso costo) servizi di ottima qualità. Quel sistema è stato smantellato proprio per far posto al settore Corporate: che non ha interesse a dare un buon servizio, ma a fare tanti soldi.
Quindi: la “distruzione creativa” ha l'obiettivo, preciso, di ridurre sempre di più il mondo delle piccole imprese, per fare spazio al mondo delle grandi aziende multinazionali».
Grossi (già dirigente Bnl) a Radio Ancora Italia Network:
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