Passa ai contenuti principali

Che cosa hanno in comune Pfizer, BlackRock, Facebook e le banche?

Si ringrazia Michaela Odderoli, web analyst, per il contributo di ricerca

Pfizer, entità inafferrabile da 214 miliardi di dollari, è la terza azienda farmaceutica al mondo. Per descriverla, nella recente letteratura giornalistica, si sono sprecati appellativi e similitudini d’ogni genere e specie: “(…) come un Titano” qualcuno scrive, rievocando le ancestrali forze cosmogoniche; altri la associa con Moloch, la temibile divinità cananea dell’Antico Testamento; non manca poi chi ricorre alla spaventosa figura del Leviatano, anch’essa veterotestamentaria; si è giunti pure a Humbaba, il terrificante guardiano della foresta nell’epopea di Gilgameš. Insomma, s’è lasciata la fantasia a briglie sciolte e, come spesso accade, s’è ecceduto allontanandosi molto dai fatti. 

Noi, però, già che ci siamo, vogliamo contribuire ad arricchire la lista e aggiungiamo l’immagine di Briareo: non già per partecipare al gioco di differimento, bensì per offrire un medium di pertinenza: Briareo, figlio di Urano e Gea, ha cinquanta teste e cento mani; non a caso, è altrimenti noto come centimani. 

Ci proponiamo, infatti, di guidare il lettore all’interno della selva oscura di quegli intrecci finanziari che caratterizzano il mondo del farmaco e, oggi, in particolare dei vaccini anti-covid. Intendiamoci, a scanso di equivoci: d’una parte della selva! Questo è un articolo, non un dossier; e si comprende bene che, invece, occorrerebbe un congruo carteggio.

Per l’appunto, dicevamo di Briareo, metafora mitologica dalle cinquanta teste e dalle cento mani; la qual cosa non deve portarci di filato all’idea del complotto dei plutocrati occulti. 

Sarebbe ridicolo e qualunquistico, oltre che impertinente. Abbiamo il dovere, tuttavia, di osservare con rigore i dati e le circostanze in cui questi si sono formati. Cominciamo col dire che, nell’azionariato della Pfizer compaiono alcuni insormontabili giganti degli investimenti come Vanguard, BlackRock e Wellington, che possiedono, rispettivamente, l’8,12%, il 7,46% e il 4,22% del colosso farmaceutico statunitense. 

Anche se non hanno bisogno di presentazioni, per dovere di cronaca diciamo chi sono, di cosa si occupano e che valore hanno sul mercato.  

BlackRock è la più potente e ricca società d’investimenti al mondo, è una statunitense purosangue, gestisce un patrimonio di più di 8.000 miliardi di dollari ed è stata definita “banca mondiale ombra”, “roccia invisibile” et similia. Vanguard Group è un’altra società d’investimenti statunitense, ha asset per oltre 5.000 miliardi e, in quanto a negoziazione di fondi, è seconda sola a BlackRock.  

La più piccola del gruppo – “piccola”… si fa per dire – è la Wellington Management Company, altra società d’investimento statunitense, con una gestione di circa 1.500 miliardi di dollari. Quest’ultima, tra le altre cose, è strettamente ‘imparentata’ proprio con la Vanguard.

schermata-2021-02-02-alle-10-39-20

Fin qui, null’altro se non un quadro di finanza internazionale ordinario. 

Senza troppa fatica, però, si scopre che BlackRock e Vanguard sono pure i maggiori investitori istituzionali di Facebook: BlackRock col 6,59%, Vanguard col 7,71%; in pratica, si tratta dei primi due. E la Wellington? Non sta di certo a guardare, giacché, a propria volta, è dentro la BlackRock col 3,36%. 

La metafora delle cinquanta teste e delle cento mani comincia a farsi efficace. Vanguard e Wellington, inoltre, sono presenti nell’azionariato della Pfizer anche attraverso i fondi comuni: Vanguard-Wellington Fund 0,96%, Vanguard Specialized-Health Care Fund 1,31%, Vanguard 500 Index Fund 2,05%, Vanguard Total Stock Market Index Fund 2,80%. 

Se, da una parte, non possiamo – né intendiamo – giungere a conclusioni strampalate circa le forme di controllo della salute globale, dall’altra, non possiamo di certo fare a meno d’interrogarci sul valore che assumono alcuni dati, in specie quelli di un social network ormai noto per aver venduto a Spotify, Netflix, Amazon e Microsoft gli accessi degli utenti. 

Alla luce dell’accertato legame finanziario tra il settore farmaceutico, quello finanziario e quello dei social network, sorgono per lo meno dei dubbi in materia di vigilanza. Chi può controllarne l’operato? Qual è – se mai esiste – il criterio con cui definire questo operato? Forse, è impossibile ricavarne una definizione vera e propria.

Aggiungiamo, adesso, che tra i grandi azionisti di Pfizer troviamo anche le grandi banche: Bank of America, Deutsche Bank, Morgan Stanley, JP Morgan et al

Se passiamo ad AstraZeneca, il leitmotiv non cambia. BlackRock ne possiede il 7,7%, Wellington il 5,9% e Vanguard il 3,5%, unitamente al solito comparto bancario. E non si può di certo tacere che BlackRock, Vanguard e Wellington hanno solide e cospicue partecipazioni azionarie nella maggior parte delle multinazionali che producono armi, tra le quali possiamo citare Lockheed Martin Corporation, Raytheon RTN, Bae Systems, Northrop Grumman Corporation & Orbital ATK e General Dinamics.

Nell’ultima escursione di questa mini-verifica, è doveroso ricordare che l’inarrivabile BlackRock è la maggiore azionista di UniCredit col 5,2% e possiede il 5,7% di MPS, il 5% di Intesa e il 4,8% di Telecom Italia

Ma non mancano poi le partecipazioni in Atlantia, Azimut, Prysmian, Ubi et cetera. Il ‘caso volle che’, all’epoca degli stress test EBA del 2016 e del 2018, proprio BlackRock e Vanguard fossero le società incaricate della consulenza in materia di vigilanza, cioè le società che avevano – e hanno tuttora – partecipazioni nelle banche da controllare. 

E non finisce qui. Se consideriamo che Wellington è titolare del 6,1% delle azioni di CERVED Group, la società italiana che valuta il merito creditizio e la classe di rischio delle nostre imprese, mentre Vanguard ha un’esposizione a Piazza Affari per più di 9 miliardi, allora s’impone come preminente il dovere di trovare una ‘definizione’ per l’operato delle lobby, delle loro estensioni e delle loro combinazioni.

La ‘definizione’, cui s’è fatto cenno in precedenza, non è affatto il capriccio di chi trovi diletto nell’uso del metodo scientifico; non è il diversivo filosofico d’una politica inerme o il tentativo di riscatto d’una comunità religiosa. È, invece, soprattutto, il presupposto di un ‘riconoscimento’ logico della questione, l’indispensabile premessa epistemologica all’individuazione delle differenze tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. 

Non aspiriamo di certo a possedere chissà quale panacea, ma la creazione di un quadro legislativo adeguato deve passare dal riconoscimento, come già detto, concreto e lineare di un fenomeno. 

Ignorarne alcuni o anche uno di essi vuol dire farsi carico d’una gravissima colpa storica, lasciare che accada tutto e il contrario di tutto. La superficialità con cui, molto di frequente, i governi fingono di non vedere e non sapere è allarmante, tant’è che, a un certo punto, la gente si scandalizza per frasi del genere: “Il titolo della Pfizer ha guadagnato parecchi punti dopo l’annuncio dell’efficacia del vaccino”; frasi usate all’interno di articoli pieni di allusioni e insinuazioni e i cui autori credono di aver fatto chissà quale scoperta, laddove non hanno fatto altro che attestare che il pozzo è umido. 

Pensiamo forse che i mercati non premino un’azienda farmaceutica che ha appena scoperto un vaccino anti-pandemia?

Purtroppo, non è facile, in un periodo di grande tensione politico-economica e sanitaria, mostrare buona capacità di discernimento, sebbene, nello stesso tempo, non si possano trascurare – ci si conceda l’espressione! – i requisiti di ‘onorabilità’. 

Una decina d’anni fa, la Pfizer fu condannata per aver messo in circolazione in modo illegale dei farmaci; ne uscì quasi indenne pagando una multa di 2,3 miliardi di dollari. 2,3 miliardi di dollari, per una società che ha un fatturato annuo di oltre 50 miliardi e un utile netto di più di 16 miliardi, non rappresentano una multa; si tratta – né più né meno – d’un’imposta sui ricavi. 

Qualcosa del genere è accaduto, per esempio, alle grandi banche che per anni hanno alterato i tassi d’interesse: hanno subito delle ‘multe’, che, naturalmente, a fronte dei profitti, rientrano sempre nel campo dell’imposizione fiscale ‘indiretta’. 

L’espressione si presta alla metafora: è evidente; ma non c’è spazio per l’ironia di contorno. Di qui, non si può fare a meno di richiamare ancora una volta l’attenzione sul problema della ‘definizione’. 

La relazione di causa ed effetto tra il dolo e la sanzione può essere ridotta unicamente a una stima economica, che peraltro non è mai direttamente proporzionale al danno causato? In una società evoluta può accettarsi una tale distanza tra il giudizio che si emette sull’uomo comune, quello che non ha alcun potere contrattuale, e quello che si emette sulle sovrastrutture economiche del pianeta, non altrimenti che se esistesse una legge extra ordinem? Forse, sarebbe il momento opportuno di tentare la via della risposta.

Nel 2000, il Washington Post, nel condurre un’inchiesta sulla Pfizer, portò all’attenzione del grande pubblico proprio il controverso caso d’una grave epidemia in cui l’azienda farmaceutica aveva interpretato un ruolo – a dir poco – spettrale e inquietante. In particolare, i fatti risalgono al 1996, allorché alcuni bambini della città nigeriana di Kano, colpiti da meningiti da meningococco, furono sottoposti a una sperimentazione senza alcun tipo di autorizzazione. 

In quell’occasione, la sperimentazione passò dalla somministrazione della trovafloxacina, un farmaco sperimentale, per l’appunto, e che, secondo le accuse causò, in alcuni casi, la morte dei malati e, in altri, danni irreparabili.

L’ennesima grossolana – e conclusiva – riflessione che sentiamo l’obbligo di fare non rinvia al senso dello scandalo, giacché, molto probabilmente, la frode non nasce con l’uomo, ma prima dell’uomo. 

Lo stesso può dirsi per le trame finanziarie. Essa afferisce, invece, alla già rilevata e netta separazione tra lo statuto morale del cittadino e quello dei potentati economici. 

Il problema – si badi bene! – esiste ed è serio: se è vero e inconfutabile che certi imperi non si possono condannare e far crollare perché il loro crollo genererebbe una tale quantità di sciagure economiche che la società civile si riprenderebbe a fatica – Lehman Brothers docet – è altrettanto vero che un cittadino comune, per errori molto meno determinanti, rischia la disfatta social-giudiziaria. 

Eppure, oggi, il Covid si è abbattuto ‘principalmente’ sui cittadini comuni.

Twitter @FscoMer

 

Commenti

Post più visti

Leggete a chi vanno i miliardi della Bce. E vomitate!

Mi prenderei a sberle. Avevo un documento agghiacciante in scrivania e non l’ho aperto per mesi. Dentro c’è la verità su chi Mario Draghi sta veramente finanziando coi miliardi del Quantitative Easing (Qe) mentre storce il naso se Roma chiede 20 euro per gli abruzzesi in ipotermia, sfollati da mesi, con morti in casa e la vita devastata, o per mettere 11 euro in più nel Job Act infame di Renzi e Poletti. Quando io gridavo a La7 “Criminali!” contro gli eurocrati, l’autore del programma, Alessandro Montanari, mi si avvinghiava alla giacca dietro le quinte e mi rampognava fino alla diarrea. Quel genio di Oliviero Beha mi rampognò in diretta, è in video. Ma voi leggete sotto, mentre pensate ai sofferenti d’Italia. Bacinella del vomito a portata di mano, raccomando. Il pdf in questione mi arrivò a fine ottobre via mail da Amsterdam, fonte autorevole oltre ogni dubbio. M’ingannò, porcaputtana, il subject mail che era “Draghi finanzia il Climate Change”. Pensai, ok, ci ar

IL VIRUS GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO

Post per pochi intimi.5 minuti per avere una visione corretta di quello che è realmente accaduto. Buona lettura. Può un virus arrivare proprio nel momento esatto per essere considerato come una vera e propria benedizione? Sarebbe quasi un’eresia rispondere di si. Invece, per gli operatori finanziari, è proprio ciò che è accaduto. A giugno 2019 il mercato dei REPO stava iniziando a collassare mostrando segnali di pericolo sistemico. La maggior parte della gente non sa neanche che cosa siano i REPO. In pratica sono operazioni di pronti contro termine con cui le banche e i maggiori operatori economici si scambiano asset (principalmente titoli di stato) con operazioni di durata brevissima allo scopo di ottenere liquidità istantanea per le ragioni legate soprattutto al rischio controparte che scaturisce da operazioni altamente speculative nel mercato dei derivati. Il campanello d’allarme inizia a suonare a giugno. A settembre 2019 la situazione diventa preoccupante. Quanto preoccupan

Quando e perchè è iniziato il declino Italiano ?

Nel 1987 l’Italia entra nello Sme (Sistema monetario europeo) e il Pil passa dai 617 miliardi di dollari dell’anno precedente ai 1201 miliardi del 1991 (+94,6% contro il 64% della Francia, il 78,6% della Germania, l’87% della Gran Bretagna e il 34,5% degli Usa). Il saldo della bilancia commerciale è in attivo di 7 miliardi mentre la lira si rivaluta del +15,2% contro il dollaro e si svaluta del -8,6% contro il marco tedesco. Tutto questo,  ha un suo apice e un suo termine coincidente con la nascita della Seconda Repubblica. La fredda legge dei numeri ci dice difatti che dal 31 dicembre del 1991 al 31 dicembre del 1995, solo quattro anni, la lira si svaluterà del -29,8% contro il marco tedesco e del -32,2% contro il dollaro Usa. La difesa ad oltranza e insostenibile del cambio con la moneta teutonica e l’attacco finanziario speculativo condotto da George Soros costarono all’Italia la folle cifra di 91.000 miliardi di lire. In questi quattro anni il Pil crescerà soltanto del 5,4% e s