Undici accademici, tutti scienziati, scrivono una lettera con cui lanciano un vero e proprio allarme.
Il testo, pubblicato su La Verità, è firmato da Marco Cosentino (Università Insubria), Stefano Dumontet (Università Parthenope), David Conversal (Università La Sapienza), Maria Luisa Chiusano (Università Federico II), Nicola Schiavone (Università di Firenze), Leonardo Vignoli (Università Rema Tre), Salvatore Valiante (Università Federico II), Marco Milanesi (Università del Piemonte orientale), Carlo Gambacorti-Passerini (Università Milano Bicocca), Monica Facco (Università di Padova), Daniele Porretta (Università La Sapienza).
E cosa scrivono gli accademici?
“Un vaccino è un preparato biologico prodotto allo scopo di procurare un’immunità acquisita attiva contro un particolare tipo di infezione. Un farmaco, invece, è un prodotto realizzato con principi attivi (naturali o sintetici) imprescindibilmente conformi alle norme di buona fabbricazione, definite da specifiche regole, procedure e linee guida, in grado di indurre modificazioni funzionali in un organismo vivente.
I vaccini vengono somministrati a persone sane con l’obbiettivo di conseguire un beneficio futuro (azione di profilassi o prevenzione).
I farmaci vengono dati a persone malate con l’obbiettivo di conseguire un risultato immediato”.
Si legge ancora nella lettera degli accademici: “Ne consegue che la sicurezza (inclusi gli effetti a lungo termine) dei primi, in quanto somministrati a persone sane, è assai più rilevante rispetto ai secondi che vengono utilizzati in Individui più o meno gravemente malati.
Nel primo caso non si deve comunque compromettere una condizione che – in partenza – si ritiene essere “di buona salute”. Nel secondo ci si propone di modificare la condizione attuale di malattia. Mentre nel secondo caso l’eventuale comparsa di eventi avversi potrebbe anche essere astratta all’evoluzione della malattia e/o alla sua risposta al trattamento, gli effetti secondari dopo somministrazione del vaccino non potrebbero non essere ascritti al vaccino stesso, dato che la condizione dl partenza è per definizione quella di “buona salute”.
Queste sostanziali differenze fanno sì che le autorizzazioni all’immissione in commercio di vaccini e farmaci siano soggette a differenti regolamentazioni e controlli demandati ad organi diversi”.
Spiegano gli accademici: “Negli Usa i farmaci sono supervisionati dal Center for drug evaluatation and research (Cder), mentre i vaccini sono supervisionali dal Center for biologic evaluatation and research (Cber), entrambi regolati dalla Food and drug administration (Fda).
Anche la vigilanza circa gli eventi avversi è demandala a istituti distinti: peri i vaccini al Center for disease control di Atlanta; per i farmaci alla stessa Fda.
Per un farmaco, come la terapia genica, è obbligatorio valutare la mutagenicità e la cancerogenicità, due caposaldi della farmacovigilanza. Per i vaccini questo step valutativo non è invece – paradossalmente – richiesto. Di fatto, molte domande pertinenti la sicurezza ed efficacia dei vaccini a mRna restano a tutt’oggi inevase, come denunciato con forza dal British medicaI journal”.
“I vaccini Pfizer e Moderna (per non parlare di quelli a Dna) non sono in realtà vaccini, ma esempi di “terapia genica”, come descritto in numerosi articoli scientifici e sottolineato da recenti dichiarazioni ufficiali del presidente della Bayer. Questi prodotti contengono acidi nucleici (Dna o Rna) che stimolano la produzione della proteina virale e hanno la capacità di interferire significativamente con le funzioni cellulari.
L’utilizzo di questi “vaccini genetici”, il cui uso è stato finora limitato a campi limitati e in presenza di malattie (immunoterapia del cancro, terapia genica di malattie genetiche), è stato ampliato enormemente a tutta la popolazione sana senza i necessari controlli di sicurezza soprattutto a lungo termine”.
Scrivono: “L’approvazione dei vaccini a mRna in regime di urgenza ha permesso di “risolvere” i dubbi e la doverosa necessità di studi sulla sicurezza a breve e medio-lungo termine che nel corso degli ultimi vent’anni hanno impedito alla terapia genica di imporsi come metodo generalizzato di cura (senza peraltro evidenza di efficacia).
L’obbiettivo è chiaro: soppiantare l’apparato farmacologico tradizionale in cui la cura o la profilassi sono basate sull’evidenza, con una miriade di farmaci/vaccini basati sulla sequenza dell’Rna (o Dna), poco controllati, gestiti da poche multinazionali del farmaco e utilizzati su ampia scala”.
Concludono gli accademici: “Questo spiega bene perché i media si industrino a negare il fatto che i due nuovi vaccini siano forme di terapia genica e perché lo stravolgimento delle regole normalmente seguite per l’immissione in commercio dei vaccini sia stato avallato tanto avventatamente.
Queste preoccupazioni meritano di essere affrontate con laica razionalità in ambito scientifico e legislativo, senza nascondersi dietro il paravento degli slogan e della propaganda, ma propugnando il ritorno ad una scienza indipendente che non si pieghi ad essere serva di interessi economici o altro”.
Commenti
Posta un commento