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Il Denaro in testa di Vittorino Andreoli

Vittorino Andreoli è sicuramente un uomo sagace e con grande capacità di porre le questioni, usando sempre l'umorismo nel descrivere cose, che di per sé sono drammatiche. Drammatico è, in effetti, il quadro che, con lucida chiarezza, fa della nostra vita, tutto a causa del ruolo che il denaro ha nella nostra vita. L'esposizione però non è “drammatica”, perché Andreoli si esprime con l'ironia che gli è congegnale e procede con aneddoti che portano le situazioni negative al ridicolo. Spesso ritroviamo esempi che ci inducono a rilevare l'assurdità degli uomini che rappresentano i miti della nostra società: gli uomini “fatti da sé”.

Nel primo capitolo “Economia e Psicologia” Andreoli analizza il rapporto denaro – economia e la sua dualità: mezzo per scambiare beni, ma anche mezzo per “giocare”: “Le case da gioco dell'economia si chiamano Borse, con la B maiuscola.

Ecco poi apparire l'elemento umano e quindi psicologico del denaro: la paura di perderlo, di non averne abbastanza. Paura legittima, che diventa oggetto della psichiatria quando eccede, quando non può essere controllata.
Successivamente sono analizzate le due condizioni umane legate al denaro: “Ricchezza e povertà” Interessanti sono il richiamo al caso biblico di “Giuda Iscariota ” e il capitoletto dedicato a “Denaro e felicità ”, in cui si sente la sua profonda conoscenza dell'uomo attraverso la sua esperienza di psichiatra.

In “Denaro e società” esamina gli aspetti sociali del denaro; come l'uomo e la donna affrontano il significato del possesso del denaro e in particolare la donna, che ha una visione diversa a secondo se è “madre” o “donna in carriera”, poi gli intellettuali e i falsi intellettuali, che prostituiscono la loro capacità per denaro.

Chi è “L'uomo di denari”? Il terzo capitolo inizia con un’affermazione “Il rapporto che ciascun uomo stabilisce con il denaro ha sempre qualche aspetto particolare, che può mostrare risvolti veramente strani, da rasentare il patologico. Non sempre il denaro è usato per acquistare qualcosa, talvolta serve semplicemente a palesare la propria forza, il proprio potere. Lo si può persino distruggere, proprio mentre alcuni ne sono privi e sognerebbero di poterne possedere almeno un po' per fronteggiare bisogni impellenti, che condizionano la vita fino ad impedirla. Basterebbe citare chi muore di fame ”.
Andreoli ci conduce per mano nel proseguo dell'analisi e ci mostra la relatività personale dei concetti legati al denaro, ma anche di “opportunità”; c'è chi ammazza per denaro, c'è chi lo usa per avere sesso piacevole perché comprato, chi lo usa per essere il primo, chi per “fare del bene” che lui non fa direttamente e chi lo distrugge per dimostrare il suo potere.
Nel fare questo escursus ovviamente ci pone tutta una serie di casi estremi e non su cui riflettere; tra questi mi sembra significativo quello del denaro come intermediario nel rapporto genitori – figli. Poi il denaro come antidoto della paura, come “decorazione” del proprio essere; infine il problema del “denaro sporco” che non è tanto del Sud Italia, ma del Nord.

Ecco che il denaro può essere una causa di malattie e Andreoli lo chiama “Un virus di carta” che può generare dipendenza, depressione, ansia, ma c'è anche una sindrome psichica classificata e si chiama “parafrenia monetaria”. La psichiatria studia anche la “stupidità monetaria” quando tutto si riduce al valore monetario delle cose. “Se indossi una maglietta nuova, subito la domanda è: quanto costa? Se sei stato ricoverato per un mal di pancia, la questione è: quanto hai pagato? Se parli di lavoro, qual è lo stipendio?”, ecco la sindrome; quante volte l'abbiamo incontrata?

Che il denaro diventi un mezzo ed un fine per “L'immoralità” è esperienza di tutti i giorni: “ Per denaro si fa tutto, anche quello che non si compirebbe mai per altre motivazioni. Sembra addirittura che gli esseri umani, anche quelli che non riducono tutto ai soldi, conoscano due morali: una si applica quando si agisce per denaro, l'altra quando il denaro non c'entra. ” Così Andreoli inizia a trattare questo argomento e ci ricorda che nell'immoralità ci sono tante piccole cose che viviamo tutti i giorni anche noi come il “nero” e l'evasione fiscale.

Il Denaro porta con sé anche la spinta alla “Distruttività”.

Il nostro psichiatra ricorda che il meccanismo è quello della droga, ”chi non ha denaro, ma ne è ossessionato come da una droga, finisce per spendere più di chi vive nel benessere; è capace di rubare, ma spreca subito quanto ottiene cercando la propria distruzione. Nella dipendenza non si può certo parlare di piacere, ma semplicemente di masochismo, di voglia di morte, di eliminazione lenta ”. Il denaro può essere distruttivo, non solo quando è poco, ma anche quando è troppo e viene usato smodatamente.

Così Andreoli ci porta alle conclusioni dal titolo “Una società per la mente”.
La sua prima conclusione: “il denaro condiziona la salute della mente, che dipende dalle relazioni, dagli incontri, dalle esperienze ”; solo per questo motivo si dovrebbe concludere che il rapporto uomo-denaro è competenza delle scienze del comportamento, ma a questo punto è importante capire come agire sulla società; l'economia affronta alcuni dei problemi della sopravvivenza, ma “nell'attuale società i vecchi bisogni di sopravvivenza della nostra dimensione corporea contano meno delle nuove esigenze psicologiche - e prosegue - Nel nostro paese la situazione è grave perché l'economia, e in generale le discipline che si occupano del denaro, hanno perso di vista il loro scopo primario e sono entrate in una logica non compatibile con l'organismo sociale, che dunque invadono e stravolgono”.

Il problema, da quello che leggo nel libro, non è tanto la scienza economica in sè, ma la sua applicazione fatta dai markettari, che, per vendere, generano una gran quantità di bisogni indotti, spesso completamente inutili che producono ansie e frustrazioni.
Così si elevano barriere verso gli “altri”. Andreoli ricorda che “L'apertura dei confini nazionali è un’esigenza della mente, per una migliore qualità di vita dell'uomo sul pianeta, e non può essere ridotta a una necessità di mercato per rendere più semplici gli scambi commerciali. Oltre alla moneta unica, deve esistere una società unica. Serve quindi anche una lingua che permetta di parlare ovunque e con chiunque - poi - Se l'uomo del tempo presente sente il bisogno di appartenere al mondo più che allo stivale d'Italia, allora occorre che le economie non lo ostacolino con barriere che dividono i popoli ”, ma, io concludo, per avere questo si deve cambiare la filosofia che oggi ispira la politica.

Lascio a voi le alte conclusioni a cui arriva in nostro bravo psichiatra, ma non posso esimermi dal riportare la conclusione della conclusione: dieci punti che riassumono tutto il pensiero di Andreoli e che concludono il libro, un libro da leggere e riflettere su quanti comportamenti errati abbiamo anche noi, comportamenti che ci allontanano dell'essere felici.

I dieci punti conclusivi del “denaro in testa”
    1. L'uomo ha bisogno estremo di sicurezza. Gli è necessaria a vivere, prima ancora che a vivere bene.
    2. L'uomo ha bisogno di non stare solo. Deve trovare qualcuno con cui dividere la sua avventura nel mondo. È una difesa dalla paura, che paralizza chi resta solo e lo fa sentire morto quando è ancora vivo.
    3. L'uomo ha bisogno di vedere la sua esistenza prolungata nei figli, in chi ha qualcosa di lui nel volto. È questa la sola immortalità che profuma di umano.
    4. L'uomo ha bisogno di vivere in società, una famiglia allargata in cui è tenuto in considerazione anche da chi non lo conosce. Una società solidale si regge sulla cooperazione, un termine bellissimo perché vuol dire "fare con", "fare insieme": la miglior difesa da ogni tentativo di esclusione che, per quanto nascosto dietro un’apparenza di buone maniere, genera sempre violenza.
    5. L'uomo ha bisogno di un "bilancio positivo" tra gratificazione e frustrazione. Tra ben d'essere e mal d'essere. Tra piacere e dolore, speranza e delusione. La società non può imbrogliarlo con troppe promesse non mantenute.
    6. L'uomo ha bisogno di serenità e di gioia, più che di libertà. I legami necessari a vivere non hanno nulla di libero: basta pensare all'amore e la libertà diventa una parola vuota. La cosa più importante per l'uomo è vivere in pace e talora persino essere felice.
    7. L'uomo ha bisogno di sentirsi utile, come se fosse al mondo per qualcuno che non può vivere senza di lui: un padre, se è deriso e combattuto dal suo stesso figlio, soffre e si sente un nessuno. La società è il luogo per dare a tutti un senso, come in una grande orchestra con violini e contrabbassi, corni e flauti, arpe e viole da gamba. Se tutti sono adeguatamente coordinati e danno il loro contributo all'insieme, la vita può diventare 1'esecuzione della Nona sinfonia di Beethoven: l'esito del concerto dipende da tutti e a volte su un palcoscenico, tra orchestrali e coristi, sono presenti anche duecento elementi.
    8. L'uomo ha bisogno di pregare. Può rivolgersi a un dio, ma talvolta è sufficiente una persona cara che non c'è più. C'è bisogno di credere in qualcosa al di là del "muro d'ombra".
    9. L'uomo ha bisogno di uguaglianza. Nessuno merita il privilegio di essere considerato superiore: una condizione che semmai può essere riservata agli dèi, certo non ai potenti, oggi sempre più stupidi, armati non di spada, ma di portafoglio. Solo quando non si è comandati è bello ubbidire, e allora si sopportano con piacere anche le fatiche di Ercole.
    10.L'uomo ha bisogno di giocare, per tornare all'infanzia e mostrare il bambino che è in lui. E i bambini sono buoni. Fanno tenerezza, mai rabbia.
    Per nessuno di questi bisogni serve il denaro. Semmai aiuta a soddisfarli meglio.

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