In questi giorni la
Portaerei Cavour è in viaggio per andare a ritirare e portare in
Italia alcuni degli F-35 già comprati dai nostri governi.
Comprati
indipendentemente dal colore politico perché il bilancio militare in
salita è una delle caratteristiche “bipartizan”della politica
italiana.
Durante la pandemia
gli stabilimenti di Cameri, dove si assemblano le ali sotto la
stretta della Lockheed e in un
regime di semisegretezza, hanno continuato a funzionare;
evidentemente l’industria di morte è una “industria essenziale”
per il governo italiano.
Siamo un paese che
sta uscendo dal più imponente disastro sanitario, umano, economico
della sua storia dopo la seconda guerra mondiale, i media sono pieni
di dibattiti su dove prendere i soldi, su come prepararsi a una
possibile nuova pandemia senza ritrovarsi con i letti nei corridoi ma
noi stiamo per comprare l’ultima tranche di F-35.
Forse a qualcuno
possono sfuggire le caratteristiche dell’oggetto: cacciabombardiere
predisposto per l’armamento nucleare, tasso di inquinamento in volo
altissimo, nessuna alternativa all’uso di forza militare di
attacco.
Le caratteristiche
tecniche e la stessa funzionalità più volte messe in discussione da
varie inchieste, verifiche e ammissioni della stesa casa
costruttrice, la Lockheed, il cui solo nome ricorda antichi
intrallazzi.
“L’Italia
ripudia la guerra...”, mi sembrava l’incipit di un articolo della
nostra Costituzione; eppure il nostro esercito professionale,
paradossalmente nato dalle battaglie pacifiste per l’obiezione di
coscienza prima e per l’abolizione del servizio militare
obbligatorio poi, è diventato prevalentemente un esercito d’attacco,
asservito ai nuovi obiettivi della NATO, alieni alla lettera dello
stesso trattato costitutivo che parla di un’alleanza difensiva.
Persino Zaia, in una
diretta TV, in piena emergenza, si è lasciato scappare un “non ce
ne frega un c... di comprare cacciabombardieri”, ma a parte una
modesta interrogazione dei 5 stelle in senato che chiedevano di
spostare i soldi per gli F-35 alla sanità militare (sic!) il mondo
della politica tace.
Non tace per fortuna
il mondo pacifista che con Rete Disarmo e Sbilanciamoci! Ha
nuovamente ribadito al Ministro Guerini che non ci sono penali da
pagare se decidessimo, almeno, di non comprare l’ultima tranche “Le
stesse valutazioni di inconsistenza si possono rivolgere ai
fantomatici “accordi internazionali” che sono stati evocati come
vincolanti, o un ipotizzato e mai dimostrato legame tra l’acquisto
degli F-35 e la capacità di essere ascoltati dagli alleati (Stati
Uniti in testa).
Sono ovviamente collegamenti labili e non diretti,
mentre ricordiamo a tutti che secondo l’accordo di base (MoU) del
Joint Strike Fighter è consentito agli stessi Stati Uniti di uscire
dal Programma” recita un recente comunicato.
In concreto, anche
se i calcoli esatti sono sempre difficili da fare, ci sono per lo
meno 40 miliardi di euro che sono in gioco della faccenda F-35.

Sono soldi che potrebbero semplicemente integrare un bilancio dello Stato sull’orlo del fallimento, oppure, come pare più opportuno, essere destinati a un rafforzamento della sanità pubblica, una se-
ria campagna di
prevenzione delle infezioni, una revisione e ristrutturazione
dell’edilizia scolastica, giusto per citare alcuni dei problemi che
la pandemia ha evidenziato.
In questo momento di
crisi sono apparsi valori più alti nelle persone, nelle istituzioni,
nelle associazioni; abbiamo di nuovo compreso il senso della parola
solidarietà: tornare alla “normalità” sarebbe tornare al
problema, all’inquinamento, al militarismo, all’egoismo.
Articolo di OLIVIER TURQUET tratto da sovranità popolare.org
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