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Le caratteristiche della persona globalizzata

Proprio perché espongono esseri umani a situazioni inconsuete, le cui conseguenze possono essere imprevedibili, gli esperimenti sociali coinvolgono piccoli gruppi, per tempi limitati, in ambienti controllati.

Molti di quelli svolti in passato sono stati comunque considerati poco etici. Tutti possono avere, sia nel breve sia nel lungo periodo, conseguenze che vanno al di là delle previsioni degli stessi ricercatori, e che possono essere positive o negative.

Ora, immaginate la scala di questo esperimento sociale che tutti noi stiamo vivendo, e l’impatto che può avere, al di là delle pesantissime conseguenze economiche, sui comportamenti, sulle priorità e sui valori, e sui modi di pensare e di agire di una consistente fetta dell’umanità.
 La rapidità e la pervasività della pandemia hanno obbligato ciascuno a confrontarsi con la propria fragilità individuale.
Disvelano e, con ciò, mettono in crisi, le caratteristiche dell’essere umano globalizzato: solitudine, intolleranza ai limiti e rimozione della mortalità.

“Possiamo diventare più prudenti, forse più teneri, e in questo modo anche più durevoli, resistenti. La vita è sopravvivenza permanente”, dice Kristeva.

La globalità e l’impatto della pandemia, d’altra parte, invitano a ristrutturare radicalmente gerarchie di valori e di aspirazioni che apparivano consolidate e permanenti. Per esempio, c’è la presa di coscienza del fatto che “la salute, quella di ciascuno di noi, non possa essere pensata come un bene privato, come una faccenda individuale, ma abbia, piuttosto, tutte le caratteristiche di un bene comune, di un bene comune globale”.
Ne parla Vittorio Pelligra in un articolo illuminante, che vi invito a leggere per intero.

La scuola dimenticata
E ancora: quante persone, in quanti paesi compreso il nostro, hanno sempre considerato il sistema scolastico come una struttura ancillare e molto meno centrale del sistema produttivo?
Ed ecco: si fermano le scuole e tutto il resto si inceppa.
Ma non solo: improvvisamente ci si rende conto che senza il malconcio e tuttavia resiliente e tenace sostegno della scuola un’intera generazione rischia di ritrovarsi abbandonata a sé stessa nel mezzo dello tsunami pandemico.
Come crescerà, e con quali consapevolezze e quali paure, la generazione covid-19?
Quanti rischiano di restare indietro, con quanto danno sociale, e sì, anche economico?

E quanto è cruciale, se vogliamo che questo non succeda, restituire alla scuola tutta la centralità e il protagonismo sociale che le spettano per ruolo?
E poi: ci siamo finalmente convinti che un atteggiamento di rapina nei confronti dell’ambiente può impattare in modi rapidi, drammatici e imprevisti sulle singole vite di ciascuno di noi?

E che ridurre le disuguaglianze non è un’opzione da buonisti smidollati, ma l’unico modo efficace non solo per poter vivere decentemente in pace, ma anche per mettere in sicurezza tutti quanti?

“La gente deve capire che abbiamo molte scelte.
E le decisioni molto importanti saranno prese nel prossimo mese o due. 
È una breve finestra di opportunità in cui la storia si sta spostando, e molto in fretta”.

C’è un dato incoraggiante: in questo periodo che ha travolto le nostre vite ci siamo potuti rendere conto di avere una flessibilità comportamentale e una capacità di adattamento che mai avremmo immaginato.
E dunque, sperèm, come dicevano i vecchi della mia estenuata città.
Ma restiamo anche vigili, e teniamo gli occhi bene aperti, perché l’esperimento sociale si sta svolgendo sulla pelle di tutti noi.

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