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Se la costituzione non è un opinione


Le misure attualmente in vigore in Italia non sembrano minimamente rispettare il dettato costituzionale in quanto: 
a) non sono disposte con legge o con atto avente forza di legge;
b) non sono convalidate da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, laddove l’articolo 4 del DPCM 8 marzo affida il controllo sul rispetto e l’attuazione delle restrizioni al prefetto!
Anche a non voler considerare le disposizioni in esame come limitazione della libertà personale, ma della libertà di circolazione, sottolineo che manca comunque il rispetto della garanzia della riserva di legge.
 Occorre anche riflettere sul fatto che la sanzione penale prevista dal decreto legge n. 6/2020, che comporta persino l’arresto, si applica in questo modo anche ad una fattispecie non contemplata dal decreto legge in esame, ma da un successivo DPCM. 
La sanzione citata viene quasi comminata “in bianco”: un provvedimento governativo di rango secondario può continuare ad arricchire il novero di casi che configurano reato, violando il principio di legalità delle pene come stabilito dalla nostra Costituzione, il cui articolo 25, ai commi II e III, chiaramente stabilisce che: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
E in questo caso di nuovo non abbiamo una legge a delineare la fattispecie di reato per la quale possa essere comminata la misura di sicurezza, questa si, prevista dalla legge.
Tutto ciò può apparire formalistico e un po’ pedante di fronte a quella che è considerata un’emergenza nazionale. 
Ma attenzione: quando si tratta di diritti fondamentali la forma diventa sostanza. Guai a creare pericolosi precedenti in cui i diritti inviolabili vengono limitati senza rispettare le procedure garantiste previste dalla nostra Costituzione. 
Un domani potremmo trovarci in situazioni in cui in nome dell’emergenza nazionale verremo privati dei più basilari diritti e garanzie. 
In caso di emergenza finanziaria nazionale con un DPCM potrebbero decidere di attuare un prelievo forzoso dai nostri conti correnti e, perché no, requisire gli immobili non destinati ad abitazione principale. Senza dunque entrare nel merito delle scelte governative, la forma utilizzata per adottarle appare del tutto illegittima e priva di fondamento costituzionale. 
In conclusione mi sia comunque consentita una riflessione di carattere più generale. Se é vero che la Costituzione prevede la possibilità di limitare la libertà di circolazione per motivi di sanità (torno a ripetere stabilite con legge e non con DPCM) e che il diritto alla salute è garantito dall’articolo 32 della Costituzione stessa, é anche vero che in caso di tutela di diritti, in un caso concreto, tra loro configgenti é necessario operare un bilanciamento di valori.
É noto che l’uso della tecnica del bilanciamento dei diritti rispetta alcuni principi generali:
— la compressione di un diritto o interesse deve essere congrua rispetto al fine che la legge si prefigge, altrimenti la disciplina che la prevede si configura come irragionevole;
— la compressione di un diritto o interesse deve essere proporzionata, ossia deve rappresentare il minor sacrificio possibile;
— il nocciolo duro del diritto o interesse sacrificato deve essere, comunque, tutelato e l’operatività minima di tale diritto deve essere garantita (www.laleggepertutti.it, dizionario giuridico, voce bilanciamento dei diritti).
 
La nostra Corte costituzionale più che operare essa stessa tale bilanciamento è più spesso chiamata a verificare che il bilanciamento dei valori operato dal legislatore sia ragionevole. 
In palese mancanza di una ragionevolezza nelle scelte del legislatore la Corte può dichiarare L’illegittimità della disciplina per eccesso di potere legislativo, per violazione dell’art. 3 della Costituzione (V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II). 
Nel caso in esame siamo sicuri che il bilanciamento dei valori, peraltro compiuto non dal legislatore, ma dall’esecutivo, sia stato ragionevole?
Mentre nelle aree del paese maggiormente colpite dal virus é del tutto ragionevole ed anzi doveroso ricorrere a strumenti eccezionali per contrastare la propagazione del COVID-19, nelle zone in cui l’incidenza non é altrettanto significativa è giustificato comprimere il diritto di iniziativa economica (art. 41 Cost.), il diritto al lavoro (artt. 1, 4, 35, I comma, Cost.), il diritto del lavoratore ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.)?

Percorrendo fino in fondo questa strada riusciremo forse ad evitare che in Italia si muoia per (o con o di) il coronovairus, ma forse non riusciremmo ad impedire che si muoia di fame, che si uccida l’impresa, che il sistema economico collassi. Del resto, se la struttura socio-economica del paese dovesse crollare, l’Italia non sarebbe neanche più in grado di curare e di assistere i propri ammalati.
A voi la scelta!
Dott.ssa Fabrizia Bientinesi

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