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Il mito delle lauree scientifiche


Una cosa è il rispetto per una metodologia ed un oggetto di studio; un’altra la mitizzazione, il feticismo, la radicalizzazione. 

Tra i tanti “intoccabili” della cultura occidentale c’è la scienza, tirata sempre in ballo come la panacea di tutti i mali. 

Peccato che i più grandi scienziati (e non a caso erano i più grandi) abbiano spesso considerato la scienza un pezzo di strada e non LA strada. 11/03/2019 Massimo Bordin 

Spesso, addirittura, i primi ad aver sottolineato i limiti della scienza furono proprio gli scienziati, scettici dei successi che essi stessi ottenevano. 
Un caso degno di nota fu Blaise Pascal, matematico fancese inventore della calcolatrice (la pascalina verrà usata in Francia fino alla fine del Settecento). Secondo Pascal la scienza non poggiava su principi primi validi e chiari, non si occupava del senso della vita e si scontrava con l’esperienza che ne smentiva puntualmente le leggi. 
 
A mitizzare la scienza, invece, ci pensano purtroppo gli omuncoli contemporanei della disciplina, quelli che non scoprono mai un tubo, ma che sono bravissimi a vendere la scienza sotto forma di inutili aggeggi tecnologici, corsi e scranni accademici.
 
Il corollario di leggende metropolitane che girano attorno alla scienza porta ad esempio a pensarla come la soluzione per la ricchezza di una nazione: non la forza (Usa), non l’unità (Giappone), non la produttività (Cina), ma la “scienza” sarebbe il segreto della grandezza economica di una nazione. 
 
Allora conviene dare un’occhiata alla formazione di laureati in materie scientifiche in Europa.

L’occhio non può che cadere su due dati: l’Italia è sotto la media europea in quanto al numero di laureati in materie scientifiche e la Germania è in testa. Tuttavia, i più accorti avranno anche subito notato che vi sono paesi molto meno produttivi di noi, come Spagna e Portogallo che registrano un dato migliore del nostro, e, soprattutto, che la Grecia ricopre la fascia alta della classifica e siede sul podio con Germania e Svezia. 
 
A cosa è servito alla Grecia laureare molti più concittadini in discipline scientifiche di paesi come Italia o Austria o Danimarca? 
A giudicare dall’economia della Grecia direi un tubo. 
 
E che dire poi del fatto che l’Italia “produce” più laureati scientifici dell’Olanda e del Belgio? Qual è, tra Olanda e Italia, il paese con minor disoccupazione e più alti redditi?
 
A quanto pare neppure la nobile statistica riesce a rendere ragione dei fatti economici i quali, alla faccia dei Boldrin e dei Bagnai (due facce della stessa medaglia positivista), non sono scienza.

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