———– XIII LEGISLATURA ———–
N. 1872DISEGNO DI LEGGE
Onorevoli
Senatori. – Scopo della presente proposta è colmare un vuoto
legislativo non più tollerabile che, su questa base, verrebbe, oltre e
più che non semplicemente definito e chiarito, espresso e sancito nella
sua autentica essenza, al seguito di studi, riflessioni ed esperienze
di carattere giuridico-scientifico compiuti da un autentico maestro qual
è il professor Giacinto Auriti, che ne ha approfondito la realtà nel
corso di tanti anni di insegnamento universitario.
Nessuna legge
stabilisce infatti di chi debba essere la proprietà della moneta
all’atto dell’emissione.
Come è noto i simboli monetari sono
formalmente strutturati come false cambiali (ad esempio «lire mille
pagabili a vista al portatore» f.to il Governatore della Banca
d’Italia) o, come dicono le autorità monetarie, come «debito
inesigibile», fattispecie talmente assurda da considerarsi addirittura
impossibile.
La verità è che la moneta ha
valore perchè è la misura del valore. Poichè ogni unità di misura ha la
qualità corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la
qualità della lunghezza perchè misura la lunghezza, la moneta ha la
qualità del valore perchè misura il valore.
Pertanto il simbolo
monetario non è solamente la manifestazione formale della convenzione
monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto ed incorporato
nel simbolo che è, appunto, il potere d’acquisto.
Con la scoperta del
valore indotto come valore giuridico (confronta Auriti, L’ordinamento internazionale del sistema monetario,
Teramo, 1993, edizioni Edigrafitel, pagina 41 e seguenti) si è
finalmente data la giustificazione scientifica del valore monetario.
Come è stato dimostrato, si verifica qui una fattispecie analoga a
quella dell’induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia
meccanica in energia elettrica, così nella moneta si trasforma il
valore della convenzione, cioè di uno strumento giuridico, in un bene
reale oggetto di diritto di proprietà.
In breve il
valore della moneta è causato dalla previsione del comportamento altrui
come condizione del proprio. Ognuno è disposto infatti ad accettare
moneta contro merce perchè prevede di dare moneta contro merce. È
caratteristica della mente umana anticipare al momento attuale i valori
previsti. Ciò spiega perchè dalla previsione di «poter acquistare»
nasca, nelle mani del primo proditore del simbolo monetario, il valore
nuovo ed attuale, che è il «potere d’acquisto».
Il
valore della moneta quindi è causato, non dall’attività dell’organo di
emissione, che, predisponendo ed erogando i simboli, determina solo il
presupposto formale del valore monetario, ma dall’accettazione da
parte della collettività.
L’emissione dei simboli in conformità del
corso legale (cosiddetto corso forzoso) è un atto di «eteronomia»,
l’accettazione della moneta, che ne determina convenzionalmente il
valore, è atto di «autonomia».
Dalla confusione tra la prima fase e la
seconda è derivata una grave ingiustizia nel regime giuridico dei
valori monetari.
Il momento meramente strumentale dell’emissione dei
simboli ha invaso quello edonistico della proprietà della moneta,
sicchè la Banca centrale, emettendo moneta e prestandola, espropria ed
indebita la collettività del suo denaro senza contropartita.
Il
rapporto che si è venuto ad instaurare tra Banca centrale e
collettività è diventato così analogo a quello di chi presta nasse
vuote ai pescatori indebitandoli non solo delle nasse, ma anche del
pesce che sarà pescato.
L’ostacolo di fronte al
quale tutti i monetaristi si sono trovati si basa sull’errore iniziale
di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso
diritto come strumento, come espressione, cioè, di un valore proprio,
diverso da quello del bene oggetto del diritto.
Su
questo equivoco iniziale si è preteso di giustificare il valore
monetario sulla base della riserva, confondendo e spacciando sotto la
parvenza di valore creditizio il valore indotto; ossia configurando la
moneta stessa, non come misura del valore (e quindi valore della
misura, quale è), ma come titolo di credito rappresentativo della
riserva.
È gran tempo ormai che si esca
definitivamente dall’equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore
creditizio il valore monetario.
Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni:
1)
il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare
dopo ogni transazione, perchè, come ogni unità di misura, è un bene ad
utilità ripetuta;
2) nel credito, come in ogni
fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si
manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè
i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all’atto
dell’emissione. Chi crea il valore della moneta non è infatti chi la
emette, ma chi l’accetta. Come nell’induzione fisica nasce l’energia
elettrica con la rotazione degli elettrodi, così nell’induzione
giuridica nasce il valore monetario all’atto dell’emissione, cioè
quando inizia la fase dinamica della circolazione della moneta;
3)
il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come
avviene nella cambiale in cui l’emittente è il debitore. Il valore
della moneta è causato dall’accettazione del primo prenditore perchè
egli sa, come membro della collettività nazionale, che gli sarà
accettata da tutti i partecipi della convenzione monetaria, cioè dalla
collettività che crea appunto per questo il valore indotto della
moneta;
4) il valore del credito è sottoposto
al rischio dell’inadempimento. Il valore monetario è attuale e certo
perchè, per l’induzione giuridica, la moneta, pur essendo un bene
immateriale, è un bene reale oggetto di diritto di proprietà.
Poichè
il valore del titolo di credito è causato dalla promessa del debitore,
sottoscrivendo il titolo monetario sotto la parvenza di una falsa
cambiale, il Governatore della Banca centrale induce la collettività
nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore
monetario.
In tal modo la Banca centrale, non solo espropria ed
indebita la collettività nazionale del suo denaro, ma pone le premesse –
come vedremo – per usurpare, tramite la sovranità monetaria, la stessa
sovranità politica.
Nella relazione al disegno di
legge sul conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca d’Italia varata
dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993 (atto Senato n. 1089
dell’XI legislatura), è contenuta una preziosa dichiarazione, rara per
la sua brevità e per il suo contenuto di verità scandalosa.
«La ratio
di queste disposizioni» – recita la relazione – «è evidente: garantire
la piena indipendenza delle Banche centrali e della Banca centrale
europea nella gestione della politica monetaria... In conseguenza non
si consente agli esecutivi degli Stati firmatari del trattato di
esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di
risorse attraverso l’emissione di quella forma di debito inesigibile
che è la moneta inconvertibile a corso legale».
Dunque:
1) esistono delle risorse che non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene;
2)
normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di «appropriarsi»
di risorse altrui e non solamente agli «esecutivi degli Stati
firmatari del trattato», mentre invece ciò deve essere consentito
solamente alle Banche centrali ed alla Banca centrale europea (che
avrebbero così per legge la «licenza di rubare»);
3)
l’oggetto del furto dovrebbe consistere in un «debito inesigibile»,
ossia nelle «false cambiali» delle banconote («lire mille pagabili a
vista al portatore». f.to il Governatore della Banca d’Italia)
che, come tali, non dovrebbero avere alcun valore. Il valore di un
debito è infatti causato dalla sua esigibilità.
Ed altro è dire che è
inesigibile perchè il debitore non «può» pagare, altro è dire – come
nel nostro caso – che è inesigibile perchè il debitore (cioe la Banca
centrale) ha per legge la garanzia di non pagare.
Se fosse vera questa tesi, siccome il debito inesigibile è uno strumento inutile, le Banche centrali non ruberebbero nulla.
Ma
se questa tesi fosse vera, per noi dovrebbe essere indifferente avere
denaro in tasca o non averlo. Quando poi si conclude con definire il
«debito inesigibile» come «moneta inconvertibile» di «corso legale», si
esclude che possa essere «debito».
La moneta infatti, come bene reale,
può essere oggetto di debito (e di credito), non «debito» essa stessa.
Una
volta dimostrato che la moneta ha valore indotto causato dalla
convenzione sociale, approfittando della circostanza che l’emissione
della cambiale è prerogativa del debitore, le Banche centrali apparendo
come debitori di false cambiali, si sono arrogate il potere di
«esercitare signoraggio» per «appropriarsi di risorse» monetarie, ossia
del valore indotto creato dalle collettività nazionali con il
risultato di espropriare ed indebitare le collettività nazionali del
loro denaro, senza contropartita.
È questa la «grande usura» intuita da
Pound.
Per dare ordine a questo sistema monetario,
assurdamente ingiusto ed antisociale, si impone la necessità di
colmare, mediante interpretazione autentica, la grave lacuna legislativa
denunciata, definendo proprietaria della moneta la collettività dei
cittadini.
Va con l’occasione messo in rilievo che la legge proposta
non tocca minimamente l’autonomia della Banca centrale, perchè è fin
troppo evidente che l’autonomia attiene alle competenze funzionali ed
al patrimonio costituito dagli edifici e dalle strutture aziendali
dell’Istituto; ma la proprietà della moneta è del tutto estranea: per
quanto sopra dimostrato essa è dei cittadini e non della Banca.
Va
infine evidenziato che questa legge è perfettamente compatibile col
sistema monetario internazionale, perchè considera solo aspetti di
diritto privato (cioè la proprietà della moneta e la posizione di
creditore di debitore), come tali di stretto diritto interno e del
tutto irrilevanti per il diritto internazionale.
Il progetto è altresì
perfettamente compatibile col trattato di Maastricht perchè rispetta
l’autonomia anche della Banca centrale europea, proponendo il
completamento ed il coordinamento sul principio che ogni popolo sia
dichiarato proprietario della sua moneta e riconosciuto collettivamente
e reciprocamente come tale.
Non può infine essere
taciuto il particolare proprio del disegno di legge che, in
applicazione del fondamentale principio democratico della sovranità
popolare, riconosce al popolo anche la sovranità monetaria.
Commenti
Posta un commento