L'nalfabetismo funzionale in Italia è una realtà, non è una definizione spocchiosa dei radical chic nei loro momenti di consapevolezza ultraterrena.
L’Italia è la seconda nazione europea, al pari della Spagna e dopo il primato turco, per numero di analfabeti funzionali o low skilled, pari circa al 47% della popolazione totale (fonte PIAAC-OCSE, Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti)
L’Italia è la seconda nazione europea, al pari della Spagna e dopo il primato turco, per numero di analfabeti funzionali o low skilled, pari circa al 47% della popolazione totale (fonte PIAAC-OCSE, Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti)
Analfabetismo funzionale: pigrizia e ignoranza?
Aggirandomi per i meandri dell’Internet, facendo zapping tra blog,
siti e forum ho trovato un argomento di cui avevo sentito parlare poco o
nulla che ha attratto particolarmente la mia curiosità.
Un argomento
abbastanza ostico, di cui non vorremmo sentire parlare perché ci
riguarda piuttosto da vicino.
E che, nonostante i centinaia (se non migliaia) di siti che lo trattano, dibattiti su dibattiti, e una pagina di Wikipedia dedicata, sia ancora piuttosto sconosciuto.
E che, nonostante i centinaia (se non migliaia) di siti che lo trattano, dibattiti su dibattiti, e una pagina di Wikipedia dedicata, sia ancora piuttosto sconosciuto.
Sto parlando dell’analfabetismo funzionale.
Ho fatto delle ricerche. Molte ricerche. Mi sono letto chilometrici articoli, tabelle di dati, aperto link che rimandavano ad altri link, altre tabelle, altri dati che erano discordanti con i primi.
Non ci ho capito un cazzo.
Sarò mica analfabeta funzionale pure io?
Ma che cosa è questo analfabetismo funzionale? Cosa indica questo termine? Cosa è questo fenomeno che sembra dilagare in sordina, spopolando tra gli Italiani più che in ogni altro paese civilizzato?
Partiamo dal concetto di analfabeta. L’analfabeta è colui che non sa né leggere né scrivere. Questo perché nel contesto in cui si trova non gli sono stati forniti strumenti culturali sufficienti, in poche parole non gli è stato insegnato l’abc della cultura.
L’analfabeta funzionale è la versione 2.0, il modello pro, il pacchetto deluxe di quello che è l’analfabeta nella sua definizione.
Si definisce infatti analfabetismo funzionale l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.
L’analfabeta funzionale anche se apparentemente autonomo, non capisce i termini di una polizza assicurativa, non comprende il senso di un articolo pubblicato su un quotidiano, non è capace di riassumere e di appassionarsi ad un testo scritto, non è in grado di interpretare un grafico.
Prima di sviscerare l’argomento, presentandovi il fenomeno con la mia personalissima esperienza, voglio dirvi che cosa ho letto. Che cosa ho capito io dell’analfabetismo funzionale. Cosa ho trovato nelle mie piccole esplorazioni. Dati. Tanti dati. Su internet ci sono migliaia di dati, studi, ricerche. Tabelle, infinite tabelle con classifiche degli stati più analfabeti. Studi che presentano il problema in modo molto soft, senza troppe indagini sulle cause e tanto meno previsioni sulle conseguenze.
Senza capire il danno che questo fenomeno sta causando e che può ripercuotersi nel futuro.
E sì, si sottolinea quasi con gusto masochistico che i più caproni siamo proprio noi Italiani.
Leggendo una domanda mi ha subito fulminato il cervello:
“Sono anche io un analfabeta funzionale?”.
Mi rispondo con autoironia. Un pochino sì.
Qualche difficoltà con la tabellina del 7 ce l’ho anche io.
Eppure sono qui a scrivere di un argomento piuttosto impegnativo (sospiro di sollievo). Sì dai, sono analfabeta solo a metà. Ma in cosa sono analfabeta.
Ed ecco che viene fuori una parola che non troverete su nessun articolo dedicato all’argomento: pigrizia.
Nel mio caso specifico io sono pigro mentalmente.
Ogni volta che devo fare anche una semplice addizione “esco” lo smartphone, sfoglio sì i giornali ma spesso le immagini sono le prime a catturare la mia attenzione e gli articoli li lascio a metà perché “ma che sbatti leggerlo tutto”.
E anche nel mio linguaggio non ho più voglia di scegliere le parole.
Così quel “robo” lo chiamo “coso” e serve a fare “quello”.
Insomma ci siamo capiti. O meglio cpt.
Sì perché sono pigro anche nel digitare le parole nei messaggi. Ho una pila di libri sul comodino da Tolstoj a Calvino passando per Levi, Sant’Agostino e robe (ancora “robe” ma allora è un vizio) decisamente più leggere.
Eppure anche se mi riprometto di leggere almeno un libro al mese la pila si fa sempre più alta e sempre più impolverata.
Sono un analfabeta funzionale nel come so la maggior parte dei cartelli stradali, nel come so esaminare una piantina di una città e nel come so seguire le ricette dei cibi precotti.
Pigrizia.
Io penso che alla base di tutto ci sia lei.
La pigrizia di accendere il cervello e fare riflessioni più o meno profonde, la pigrizia di leggere i programmi elettorali di chi si va a votare e la pigrizia nel prendere una decisione evitando di lasciare scheda bianca.
Pigrizia cronica. Mi ricordo di alcune mie esperienze al liceo.
Passai un anno intero a non studiare chimica e fisica. Pensavo fossero troppo difficili per la mia umile mente.
E debito fu.
E rabbia fu nell’accorgermi che erano due materie piuttosto semplici dove bastava superare la pigrizia di impararsi tre formule a memoria e di farsi qualche modello mentale.
Infatti l’uomo di natura non vuole faticare. Sceglie la via facile.
E la pigrizia è la via più facile di tutte. Ne ho parlato anche con mio zio che è neurologo.
Il fatto è che questa pigrizia (secondo lui) ha le sue origini in un fatto neurofisiologico ovvero la mancanza di interesse.
Il topolino nella ruota gira solo se sa che alla fine gli verrà dato un po’ di formaggio, altrimenti non si muove.
Lo stesso accade con l’uomo che non vede un fine ultimo in molte delle sue attività tanto da non provarne interesse, tanto da rimanervi inerme senza la voglia di approfondirle.
Infatti all’uomo oggi vengono fornite le basi, le fondamenta di una sana istruzione. La scuola odierna è accessibile praticamente a tutti.
Tutti sappiamo leggere e scrivere. Ma la nostra cultura è come un focolare: va alimentata.
Bisogna continuare a leggere magari un grande classico anzichè il Topolino, a informarsi, ad andare al museo anche solo per uscirne arricchiti di qualche informazione sulla storia, a guardare una puntata di Superquark in più e una del Grande Fratello in meno.
Bisogna essere curiosi.
Provare a fare la semplice addizione senza lo smartphone in mano, bisogna provare a scrivere un testo senza l’autocorrettore, provare a leggere tutto un editoriale e se non lo si ha capito bene rileggerlo, e poi ancora.
Bisogna sforzarsi.
Bisogna provare a pensare.
E poi pensare è un po’ fuori moda.
Cerchiamo applicazioni che pensino al posto nostro, che decidano come vestire, come mangiare, come pensare.
Tutto ciò è pigrizia.
Ma se l’uomo si limitasse alla sua pigrizia non sarebbe poi così male.
Il mondo sarebbe un posto migliore. Gli “istruiti” vivrebbero sulle spalle dei “bifolchi”.
Pura utopia. Il fatto è che questo analfabetismo dà origine ad un fenomeno alquanto spiacevole quanto socialmente diffuso, che ha ripercussione su tutti e su tutti gli aspetti della vita: l’ignoranza.
Come si manifesta? Con il “fate girare” delle bufale su Facebook, con il non conoscere i nomi di chi siede al parlamento (magari avendolo proprio votato), con il non conoscere le proprie origini nemmeno a livello basilare, il continuare a parlare, parlare, parlare di tutto con l’arroganza di aver ragione senza sapere nulla dell’argomento affrontato.
Pure e semplici chiacchiere da bar. L’ignoranza è l’integralismo arrogante di una corrente di pensiero che non lascia spazio ad altre ipotesi, è ignorante la cultura del trash che promuove l’ignoranza stessa a scopo ludico.
È ignorante la mentalità di uno stato con gli occhi incollati alla tv per la finale di Champions, ma che non sa più osservare il cielo, la natura, un tramonto.
E l’ignoranza causa danni. Economici, sociali, intellettuali.
Danni spesso difficili da riparare che innescano vere e proprie reazioni a catena e si espandono a macchia d’olio.
E l’ignoranza evolve in odio, in razzismo, in cattiveria gratuita, in inettitudine, in inefficienza.
Bene. Siamo arrivati ad elencare i mali del secolo. Partendo dal concetto di analfabetismo.
Non per farvi la morale, ma il mondo sarebbe un posto migliore se partissimo dai piccoli cambiamenti, semplicemente mettendo in gioco noi stessi.
Se provassimo ad accendere il cervello. Vi sarebbe meno analfabetismo. E meno ignoranza.
Parto da me. Spero con questo articolo di avervi messo la pulce nell’orecchio, presentandovi il punto di vista non di un giornalista né di un docente né tanto meno quello di una mente illuminata.
Ma quello di un piccolo analfabeta. Funzionale.
Ho fatto delle ricerche. Molte ricerche. Mi sono letto chilometrici articoli, tabelle di dati, aperto link che rimandavano ad altri link, altre tabelle, altri dati che erano discordanti con i primi.
Non ci ho capito un cazzo.
Sarò mica analfabeta funzionale pure io?
Ma che cosa è questo analfabetismo funzionale? Cosa indica questo termine? Cosa è questo fenomeno che sembra dilagare in sordina, spopolando tra gli Italiani più che in ogni altro paese civilizzato?
Partiamo dal concetto di analfabeta. L’analfabeta è colui che non sa né leggere né scrivere. Questo perché nel contesto in cui si trova non gli sono stati forniti strumenti culturali sufficienti, in poche parole non gli è stato insegnato l’abc della cultura.
L’analfabeta funzionale è la versione 2.0, il modello pro, il pacchetto deluxe di quello che è l’analfabeta nella sua definizione.
Si definisce infatti analfabetismo funzionale l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.
L’analfabeta funzionale anche se apparentemente autonomo, non capisce i termini di una polizza assicurativa, non comprende il senso di un articolo pubblicato su un quotidiano, non è capace di riassumere e di appassionarsi ad un testo scritto, non è in grado di interpretare un grafico.
Prima di sviscerare l’argomento, presentandovi il fenomeno con la mia personalissima esperienza, voglio dirvi che cosa ho letto. Che cosa ho capito io dell’analfabetismo funzionale. Cosa ho trovato nelle mie piccole esplorazioni. Dati. Tanti dati. Su internet ci sono migliaia di dati, studi, ricerche. Tabelle, infinite tabelle con classifiche degli stati più analfabeti. Studi che presentano il problema in modo molto soft, senza troppe indagini sulle cause e tanto meno previsioni sulle conseguenze.
Senza capire il danno che questo fenomeno sta causando e che può ripercuotersi nel futuro.
E sì, si sottolinea quasi con gusto masochistico che i più caproni siamo proprio noi Italiani.
Leggendo una domanda mi ha subito fulminato il cervello:
“Sono anche io un analfabeta funzionale?”.
Mi rispondo con autoironia. Un pochino sì.
Qualche difficoltà con la tabellina del 7 ce l’ho anche io.
Eppure sono qui a scrivere di un argomento piuttosto impegnativo (sospiro di sollievo). Sì dai, sono analfabeta solo a metà. Ma in cosa sono analfabeta.
Ed ecco che viene fuori una parola che non troverete su nessun articolo dedicato all’argomento: pigrizia.
Nel mio caso specifico io sono pigro mentalmente.
Ogni volta che devo fare anche una semplice addizione “esco” lo smartphone, sfoglio sì i giornali ma spesso le immagini sono le prime a catturare la mia attenzione e gli articoli li lascio a metà perché “ma che sbatti leggerlo tutto”.
E anche nel mio linguaggio non ho più voglia di scegliere le parole.
Così quel “robo” lo chiamo “coso” e serve a fare “quello”.
Insomma ci siamo capiti. O meglio cpt.
Sì perché sono pigro anche nel digitare le parole nei messaggi. Ho una pila di libri sul comodino da Tolstoj a Calvino passando per Levi, Sant’Agostino e robe (ancora “robe” ma allora è un vizio) decisamente più leggere.
Eppure anche se mi riprometto di leggere almeno un libro al mese la pila si fa sempre più alta e sempre più impolverata.
Sono un analfabeta funzionale nel come so la maggior parte dei cartelli stradali, nel come so esaminare una piantina di una città e nel come so seguire le ricette dei cibi precotti.
Pigrizia.
Io penso che alla base di tutto ci sia lei.
La pigrizia di accendere il cervello e fare riflessioni più o meno profonde, la pigrizia di leggere i programmi elettorali di chi si va a votare e la pigrizia nel prendere una decisione evitando di lasciare scheda bianca.
Pigrizia cronica. Mi ricordo di alcune mie esperienze al liceo.
Passai un anno intero a non studiare chimica e fisica. Pensavo fossero troppo difficili per la mia umile mente.
E debito fu.
E rabbia fu nell’accorgermi che erano due materie piuttosto semplici dove bastava superare la pigrizia di impararsi tre formule a memoria e di farsi qualche modello mentale.
Infatti l’uomo di natura non vuole faticare. Sceglie la via facile.
E la pigrizia è la via più facile di tutte. Ne ho parlato anche con mio zio che è neurologo.
Il fatto è che questa pigrizia (secondo lui) ha le sue origini in un fatto neurofisiologico ovvero la mancanza di interesse.
Il topolino nella ruota gira solo se sa che alla fine gli verrà dato un po’ di formaggio, altrimenti non si muove.
Lo stesso accade con l’uomo che non vede un fine ultimo in molte delle sue attività tanto da non provarne interesse, tanto da rimanervi inerme senza la voglia di approfondirle.
Infatti all’uomo oggi vengono fornite le basi, le fondamenta di una sana istruzione. La scuola odierna è accessibile praticamente a tutti.
Tutti sappiamo leggere e scrivere. Ma la nostra cultura è come un focolare: va alimentata.
Bisogna continuare a leggere magari un grande classico anzichè il Topolino, a informarsi, ad andare al museo anche solo per uscirne arricchiti di qualche informazione sulla storia, a guardare una puntata di Superquark in più e una del Grande Fratello in meno.
Bisogna essere curiosi.
Provare a fare la semplice addizione senza lo smartphone in mano, bisogna provare a scrivere un testo senza l’autocorrettore, provare a leggere tutto un editoriale e se non lo si ha capito bene rileggerlo, e poi ancora.
Bisogna sforzarsi.
Bisogna provare a pensare.
E poi pensare è un po’ fuori moda.
Cerchiamo applicazioni che pensino al posto nostro, che decidano come vestire, come mangiare, come pensare.
Tutto ciò è pigrizia.
Ma se l’uomo si limitasse alla sua pigrizia non sarebbe poi così male.
Il mondo sarebbe un posto migliore. Gli “istruiti” vivrebbero sulle spalle dei “bifolchi”.
Pura utopia. Il fatto è che questo analfabetismo dà origine ad un fenomeno alquanto spiacevole quanto socialmente diffuso, che ha ripercussione su tutti e su tutti gli aspetti della vita: l’ignoranza.
Come si manifesta? Con il “fate girare” delle bufale su Facebook, con il non conoscere i nomi di chi siede al parlamento (magari avendolo proprio votato), con il non conoscere le proprie origini nemmeno a livello basilare, il continuare a parlare, parlare, parlare di tutto con l’arroganza di aver ragione senza sapere nulla dell’argomento affrontato.
Pure e semplici chiacchiere da bar. L’ignoranza è l’integralismo arrogante di una corrente di pensiero che non lascia spazio ad altre ipotesi, è ignorante la cultura del trash che promuove l’ignoranza stessa a scopo ludico.
È ignorante la mentalità di uno stato con gli occhi incollati alla tv per la finale di Champions, ma che non sa più osservare il cielo, la natura, un tramonto.
E l’ignoranza causa danni. Economici, sociali, intellettuali.
Danni spesso difficili da riparare che innescano vere e proprie reazioni a catena e si espandono a macchia d’olio.
E l’ignoranza evolve in odio, in razzismo, in cattiveria gratuita, in inettitudine, in inefficienza.
Bene. Siamo arrivati ad elencare i mali del secolo. Partendo dal concetto di analfabetismo.
Non per farvi la morale, ma il mondo sarebbe un posto migliore se partissimo dai piccoli cambiamenti, semplicemente mettendo in gioco noi stessi.
Se provassimo ad accendere il cervello. Vi sarebbe meno analfabetismo. E meno ignoranza.
Parto da me. Spero con questo articolo di avervi messo la pulce nell’orecchio, presentandovi il punto di vista non di un giornalista né di un docente né tanto meno quello di una mente illuminata.
Ma quello di un piccolo analfabeta. Funzionale.
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