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l TAV, l’inquinamento e la cura che fa morire il paziente

In mancanza di altri argomenti siamo alla variante ecologista: la Nuova linea ferroviaria Torino-Lione è imposta da ragioni ambientali. Spostare il traffico dalla gomma alla rotaia – si dice – riduce le emissioni. Ma si tratta di una mezza verità che veicola un inganno.

È vero: il traffico su rotaia è preferibile per quanto riguarda le conseguenze sull’ambiente. Ma attenzione: ciò vale se ci si riferisce alle ferrovie già esistenti, come l’attuale linea Torino-Modane. Mentre non è così, almeno nel contesto attuale, se si devono costruire delle nuove linee e, ancor più, se queste prevedono lunghi tratti in galleria.
È quel che sostengono, per esempio, i ricercatori Jonas Westin e Per Kågeson del Royal Institute of Technology di Stoccolma nell’analisi Can high speed rail offset its embedded emissions?: affinché il bilancio di carbonio sia favorevole al clima le linee ferroviarie ad Alta velocità «non possono contemplare l’estensivo uso di tunnel».

Se il bilancio monetario costi-benefici della Torino-Lione già vacilla, del bilancio di carbonio non si parla mai. Il tunnel bisogna costruirlo: per oltre dieci anni le talpe succhieranno megawatt, il cemento assorbirà energia e produrrà emissioni, l’armamento e i dispositivi di sicurezza richiederanno tonnellate di acciaio e di cavi di rame, i camion e le ruspe per spostare migliaia di metri cubi di roccia andranno a gasolio. Poi c’è l’impianto di raffreddamento che a opera conclusa funzionerà in permanenza, poiché all’interno del tunnel la temperatura sarà attorno a 50 gradi, ostile alla vita.

Quando il primo treno passerà su quella linea non si vedrà alcun vantaggio ambientale, in quanto per parecchi anni, ammesso che venga effettivamente usata a pieno carico come da previsioni per ora sulla carta, il risparmio delle emissioni dovrà ripagare il debito di quelle rilasciate in fase di cantiere e di esercizio. Ammesso dunque che sia possibile, una prima riduzione netta delle emissioni potrebbe avvenire non prima del 2040. Già, ma il clima è in estrema crisi adesso e l’ultimo rapporto IPCC dice che le emissioni vanno ridotte subito. In difetto, nel 2040 avremo già superato la soglia di sicurezza del riscaldamento globale di 1,5 gradi.

La cura del ferro della Torino-Lione è quindi strana: prima richiede un’intossicazione sicura del malato, poi promette di disintossicarlo quando sarà già moribondo. La cura potrebbe, dunque, essere peggiore del male che vorrebbe curare. Per fare valide previsioni e stabilire se la pubblicità verde della grande opera sia ingannevole o meno, occorre un bilancio di carbonio certificato da un ente terzo, come l’Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale che mantiene il catasto nazionale delle emissioni climalteranti e potrebbe verificare se nell’ambito dell’Accordo di Parigi siglato anche dall’Italia il super tunnel Torino-Lione sia coerente o perdente. Sin d’ora, peraltro, è difficile avere dubbi al riguardo.

Ma allora, non è meglio cambiare cura? Usare i miliardi di euro destinati alla Torino-Lione per una riduzione delle emissioni con effetti certi e immediati, come collocare più pannelli solari sui tetti degli italiani, cambiare gli infissi alle case colabrodo, aumentare la coibentazione, installare pompe di calore, tutte azioni che danno lavoro a decine di migliaia di artigiani e non ci fanno attendere vent’anni per ottenere effetti positivi sull’ambiente.

Intanto, per il Tgv Milano-Parigi si potrebbe recuperare subito un’ora di viaggio con un semplice accordo tra ferrovie francesi e italiane. Infatti, per ragioni di incompatibilità tra dispositivi di sicurezza, il treno francese, una volta arrivato a Torino via tunnel del Frejus, invece di instradarsi sulla linea ad Alta velocità per Milano continua da anni a transitare sulla vecchia linea regionale via Vercelli e Novara. Se i francesi sostituissero il loro vecchio Tgv con un treno più moderno la tratta Parigi-Milano si abbrevierebbe subito di quasi un’ora. Come mai la gente non scende in piazza per questo significativo risultato che non incide sulle casse dello Stato e non deve attendere decenni per entrare in servizio?

Infine, dopo le iniezioni di retorica a buon mercato inneggianti a progresso, crescita, investimenti, lavoro che passeranno tutti e solo da questo buco sotto il massiccio dell’Ambin, proviamo a fare un passo più analitico verso gli scenari futuri. Che piaccia o no, le risorse naturali planetarie diminuiscono e i rifiuti aumentano. Così l’Unione Europea ha saggiamente scelto la strategia dell’economia circolare, per minimizzare l’uso di materie prime: costruire oggetti più durevoli e riparabili, contrastare l’usa-e-getta, riciclare i materiali a fine vita. In un tale contesto, l’idea di una continua espansione del trasporto merci invocata dai promotori della Torino-Lione e da un’altra parte della burocrazia europea appare in aperto conflitto con i limiti fisici planetari.

Occorre uscire dal tunnel per aprire lo sguardo alla realtà, molto più complessa, problematica e inedita, e le cui soluzioni sono immensamente più articolate di un buco nella roccia, ostinatamente perseguito per ragioni che non appaiono razionalmente difendibili.
08/12/2018 - di Luca Mercalli

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