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Tasse ambientali, chi inquina di più paga meno: il paradosso

Tasse ambientali, chi inquina di più paga meno: il paradosso
Queste imposte generano un tesoretto di 55 miliardi. Solo l'1% è investito in politiche ad hoc. E se le più tartassate sono le famiglie, i settori che impattano maggiormente sono "graziati" e aiutati dallo Stato.
Carlo Terzano Twitter

Le tasse "ambientali", come quelle sui veicoli, sul rumore, sull'inquinamento o, ancora, le accise sui prodotti energetici hanno come scopo dichiarato quello di fare pagare chi danneggia l'ambiente.

Sulla carta, il sistema dovrebbe avere una doppia utilità: fungere da deterrente all'inquinamento indiscriminato e, contemporaneamente, assicurare allo Stato i soldi necessari per porre in essere politiche per salvaguardare l'ambiente. 

Ma siamo sicuri che tutto funzioni secondo il principio che ripulisce chi ha inquinato (una sorta di responsabilità civile green)?
Se lo è domandato l'Ufficio Valutazione Impatto del Senato e i risultati sono molto interessanti.

Un tesoretto da oltre 55 miliardi di euro

Nel 2015 le tasse ambientali hanno assicurato allo Stato un tesoretto pari a 55,3 miliardi di euro.
Per capire se il principio “chi inquina paga” già fissato nel 1973 nel primo Programma d'Azione Ambientale della Comunità Europea viene rispettato, bisogna comparare questa cifra con i danni ambientali prodotti annualmente dalle macro-categorie che contribuiscono maggiormente alle emissioni in atmosfera di anidride carbonica.
L’industria ha i costi esterni ambientali più elevati (13,9 miliardi di euro), seguita dall’agricoltura (10,9 miliardi).
Il riscaldamento domestico è al terzo posto (9,4 miliardi), mentre chiudono la rassegna i costi esterni dei trasporti delle famiglie (7 miliardi).

Le accise sull'energia contribuiscono per l'81% alle tasse ambientali

Bisogna operare una distinzione: mentre le imposte sull'inquinamento hanno un ruolo molto marginale, l'1% del gettito complessivo delle imposte ambientali, le accise sull'energia sono quelle che contribuiscono maggiormente con l'81%. Molto più in basso si posizionano le tasse sui trasporti col 18% circa.
Nel 2015, le accise sui combustibili fossili hanno contribuito per il 53%.
L’accisa sull'energia elettrica e gli oneri di sistema (per l'incentivazione delle rinnovabili e altre voci) per il 27%.
Infine, la tasse di circolazione dei veicoli (il bollo auto) contribuisce per poco più del 10% al gettito complessivo delle imposte ambientali.

LE FAMIGLIE SONO LE PIÙ VESSATE. 

Chiarito chi danneggia maggiormente l'ambiente e cosa si nasconde dietro la definizione di tasse ambientali, i tecnici dell'Uvi sono andati a vedere se le categorie che inquinano di più sono anche quelle che supportano di maggiormente, tramite le imposte, i costi per ripulire l'ecosistema.
E non è proprio così.
Il confronto fra il gettito delle imposte ambientali pagate dai residenti e i costi esterni ha infatti evidenziato che:

• le famiglie pagano il 70% in più dei loro costi esterni ambientali
• le imprese pagano il 26% in meno
• agricoltura e industria pagano rispettivamente il 93% e il 27% in meno
• il comparto dei servizi paga il 57% in più

I MENO COLPITI? NAVI E AREI. Non solo: almeno quattro branche dell’economia, peraltro note per essere tra le più inquinanti, risultano pagare in maniera del tutto marginale rispetto ai danni ambientali che le loro attività producono a carico della collettività:

• trasporto marittimo, 1%
• trasporto aereo, 6%
• agricoltura, 6,6%
• elettricità e gas, 16,9%

I sussidi finiscono a chi inquina di più

Il trasporto marittimo è uno dei settori maggiormente inquinanti.

Ma c'è di più.
Perché il Catalogo dei sussidi ambientalmente favorevoli e ambientalmente dannosi (ministero dell'Ambiente – AT Sogesid, 2017) ha individuato sussidi diretti e sconti fiscali dannosi per l'ambiente - di cui beneficiano sia le famiglie sia le imprese - per 16,2 miliardi di euro.
A chi finisce la maggior parte di questi aiuti?
A chi inquina di più ma viene tassato di meno.
Si legge infatti nel rapporto dell'Ufficio Valutazione Impatto del Senato: «Oltre il 97% dei sussidi dannosi per l’ambiente (Sad) è costituito da sconti fiscali, molti dei quali sono erogati anche a beneficio delle attività più inquinanti: trasporto aereo, trasporto marittimo, pesca, raffinazione, agricoltura e allevamento, che ricevono volumi altissimi di sussidi pur presentando costi ambientali molto alti».

SOLO L'1% DELLE TASSE AMBIENTALI DESTINATO ALL'AMBIENTE.

Oltre il danno la beffa. Secondo l'Istat, infatti, solo l'1% circa del gettito delle
imposte ambientali è destinato a finanziare spese per la protezione dell’ambiente.
Dall'Uvi, in merito, viene sottolineato che «quello che sfugge alla rilevazione è che lo Stato spesso incrementa il livello di alcune tasse “ambientali” (tipicamente le accise sui carburanti) per destinare il maggior gettito al finanziamento di spese non strettamente ambientali come terremoti, missioni internazionali di pace e altre emergenze di finanza pubblica: sono spese che costituiscono costi che il legislatore deve coprire, e per cui lo Stato sceglie, fra varie alternative, di utilizzare un'imposta ritenuta ambientale dallo Stato stesso».

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