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La situazione italiana in un articolo di Le Figaro

Ringrazio Nicoletta Forcheri per un estratto di questo articolo illuminante..riflessioni difficili da trovare sui media italiani.

Il 1 ottobre scorso è stato pubblicato su un quotidiano francese, Le Figaro, un articolo in controtendenza che analizzava l’opinione di Steve Ohana, professore di finanza all’ESCP Europa. Il prof. Ohana, ripreso in un lungo articolo dal quotidiano francese, infatti lanciava l’azzardo che l’Europa avrebbe poche probabilità di mettere in ginocchio l’Italia.   Vedi l' Articolo Le Figaro

Si legge infatti che

    “ostentando gesti spettacolari di disobbedienza alle norme di governance europea, i due leader italiani minano passo dopo passo la credibilità delle istituzioni guardiane di queste norme. Le istituzioni internazionali come il FMI e la Commissione europea raccomandano un deficit dello 0.8% del PIL per far calare lo stock di debito pubblico italiano dal 132% di oggi al 110% nel 2025? La coalizione annuncia il triplo del deficit per il 2019. I governi precedenti avevano disindicizzato le pensioni dall’inflazione e allungato l’età legale pensionabile per far piacere a Bruxelles? Questa riforma sarà riveduta. Il Job’s Act del leader PD Matteo Renzi puntava a conformarsi alla doxa europea della flessibilizzazione del mercato del lavoro? La maggioranza annuncia la sua intenzione di fare marcia indietro sulle possibilità di rinnovare i CDD e le facilità di licenziamento offerte alle aziende. E così via dicendo per tutta una serie di norme di governance europee, dal patto fiscale alla privatizzazione delle autostrade, passando dalle regole di accoglienza dei migranti.”

E continua:

    Salvini ha lanciato con Steve Bannon una coalizione di partiti politici simili alla Lega, chiamato “The Movement”.

La tattica del governo gialloverde sarebbe vincente perché:

    Questa strategia di diffidenza verso i Trattati europei lascia ai leadar europei solo soluzioni a metà. Se chiudono un occhio sulle trasgressioni italiane, perdono quel poco di credibilità che rimane alle regole comuni. Se entrano in conflitto, sia pur verbale, con il governo italiano, consentono a Di Maio e a Salvini di porsi come i garanti della sovranità popolare contro l’establishment. Del resto, Emmanuel Macron e Bruno Le Maire quale legittimità hanno di fare la morale all’Italia, loro che hanno appena annunciato un deficit del 2.8% sul PIL per il 2019 (con l’aggravante che contrariamente all’Italia, la Francia ha un avanzo primario sempre negativo)? Come potrebbe la Commissione europea redarguire l’Italia e non dire niente alla Francia? [NdA, come ha sempre fatto del resto solo che il popolo italiano dormiva]

    (…)

    Ci sono poche possibilità che le istituzioni europee possano controllare questa guerriglia mettendo il governo italiano in ginocchio, come lo avevano fatto con il leader greco  Alexis Tsipras nel 2015

In caso di crisi sui titoli italiani, tutti gli Stati membri avrebbero da rimetterci poiché

    “l’Italia rappresenta il primo mercato obbligazionista europeo e il terzo mercato obbligazionario mondiale dogli gli USA e il Giappone. La Unicredit è una banca sistemica il cui crollo potrebbe comportare una crisi bancaria mondiale. Anche se il debito pubblico italiano è detenuto e in misura sempre crescente dai residenti, le mega banche francesi rimangono molto esposte ai rischi bancari e sovrani italiani (si ritiene l’esposizione a circa 320 miliardi di euro).

    E, se la BCE decidesse non solo di lasciare impennarsi i tassi del debito sovrano italiano ma anche di privare di liquidità le banche italiane, in una ripetizione della crisi greca dell’estate 2015, allora Salvini e Di Maio coglieranno l’occasione per emettere nuova moneta. Questo scenario è già evocato in filigrana nel programma elettorale della Lega attraverso il possibile ricorso ai minibot, la moneta fiscale parallela all’euro che il governo si dice disposto a emettere in caso di necessità. Si può pensare che la maggioranza si stia preparando attivamente a questi scenari, se si conoscono i testi degli economisti euroscettici che oggi si trovano nei posti chiave del govero e del parlamento italiani (Paolo Savona, Claudio Borghi e Alberto Bagnai). Visto il peso politico, economico e finanziario della penisola nell’Unione monetaria, il ritiro dell’Italia dall’eurozona potrebbe trascinare a sua volta la fine disordinata dell’euro, un cataclisma politico e finanziario cui gli altri Stati membri sono senz’altro meno preparati dell’Italia ad affrontare…


Traduzione estratti a cura di N. Forcheri

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