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Borsa che crolla: ma i miliardi bruciano davvero?

 LA BORSA E' UN GIOCO A SOMMA ZERO.

Vuol dire che per tutti quelli che hanno venduto, c’è sempre qualcuno che ha comprato.
Ieri, come in tutte le altre giornate di borsa:
qualcuno, convinto di fare un buon affare, ha venduto per paura che i prezzi scendano ancora. qualcun altro, convinto di fare un buon affare, ha comprato pensando che i prezzi risaliranno.

Quando sento un politico dire che la manovra del governo ha bruciato miliardi, vorrei mandarlo a zappare !!!!
Non riesco a sentire un ragionamento sensato da parte della classe politica oramai da molti anni, degli economisti e giornalisti meglio non parlare!


Augusto Anselmo

Corsi e ricorsi Articolo pubblicato su L’Unità dell’11/02/16
Molti giornali stanno in questi giorni aprendo con la cosiddetta ‘tempesta’ finanziaria, che si sta in particolare abbattendo sui titoli italiani.
Nelle scorse ore Piazza Affari si è guadagnata il titolo di peggior borsa d’Europa, perdendo il 25% solo nei primi 40 giorni del 2016.



Siamo ai minimi dal 2013: sicuramente una situazione a cui prestare molta attenzione.
E la ricomparsa in prima pagina di termini come “spread”, “differenziale”, “crollo”, “BTP”, “bond” contribuisce a rievocare brutti ricordi, neanche troppo lontani.
‘Le parole sono importanti’, diceva qualcuno, e nell’epoca della comunicazione pervasiva anche le forme verbali, i pronomi e le congiunzioni assumono un’enorme rilevanza: possono esaltare e spaventare, ma soprattutto fuorviare.

C’è un verbo in particolare, utilizzato ad esempio ieri da molte testate compresa

La Stampa, che ha titolato: “In 40 giorni bruciati 40 miliardi”. 

E quel verbo è “bruciare”, forma violenta e definitiva, che evoca uno status fisico da cui è impossibile tornare indietro.
Perché se le banconote perse possono essere ritrovate, magari sotto al letto, quelle a cui si dà fuoco sicuramente no.
Solo che, appunto, non è proprio così.
Perché i miliardi che vengono “bruciati” in borsa in realtà non esistono.
O meglio: esistono, ma solo in prospettiva.

Proviamo a spiegarlo in maniera molto semplice.
Un’azione viene acquistata in origine ad un dato prezzo, e l’oscillazione di questo viene definita dal mercato, cioè dall’incrocio tra domanda e offerta.

Quando si registra un -2% sul prezzo di un’azione, non si è “bruciato” proprio nulla, ma è semplicemente cambiato il suo valore.
Nel caso di un segno meno, segnatamente, ci sono più persone disposte a vendere l’azione piuttosto che a comprarla, e l’azione ha perso valore.

Un valore che però non è sceso per sempre, ma può essere anche recuperato.
Si tratta di fluttuazioni che capitano piuttosto spesso in questi tempi turbolenti: “La volatilità fa parte del gioco .. e stavolta [non come nel 2008] le sue cause sono note”, ha spiegato ieri sul Corriere l’economista finanziario Andrea Beltratti.

Ecco, provate a racchiudere questo concetto in un titolo di giornale.

Certo, parlare semplicemente di valori che salgono e scendono, senza l’ausilio di un finale sensazionale, è possibile, ma non prevederebbe alcun titolo ad effetto. Nemmeno lontanamente scenografico quanto può essere l’immagine di una valanga di miliardi che brucia.
Utilizzare espressioni forti, invece, aiuta anche a dare fisicità ad una storia che sembra svolgersi lontanissimo da noi e dalla realtà che viviamo ogni giorno.
Quella del denaro contante, che si perde davvero, e a cui volendo si può dare anche fuoco, come fa Chris McCandless nel celebre film Into the Wild.

L’avversione diffusa e indiscriminata per chi si trova a maneggiare denaro poi la conoscete già, e comunque, è un’altra storia.

(Articolo scritto insieme a Nicolò Scarano)

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