Le intense pioggie di questi giorni : alluvioni, frane, esondazioni che stanno avvenendo in tutta Italia, sono l'occasione per una breve disamina di un Piano di Bacino, a dimostrazione che i rischi sono analizzati e conosciuti....
Questi piani potrebbero essere utilizzati per interventi di messa in sicurezza di ogni territorio italiano.
Purtroppo solo quando i danni provocati dai cambiamenti climatici diventeranno insostenibili , solo allora , lo spero, le pubbliche amministrazioni si attiveranno per limitare i danni. Queste segnalazioni le sto facendo da anni.....
ll Piano di Bacino costituisce la base per ogni intervento strutturale sul territorio poiché consente di effettuare un'analisi ad ampio spettro estesa a tutto il bacino determinando le problematiche ambientali connesse alle opere che si intendono realizzare e alle strutture che si
intendono salvaguardare; il Piano di Bacino non è dunque un documento puramente descrittivo, ma piuttosto rappresenta uno strumento operativo capace di fornire una dettagliata conoscenza del territorio e di consentire lo sviluppo di una strategia organica di intervento sul suolo
L’esame del comprensorio Dianese inserito nell’ambito di studio ha messo in luce una serie di situazioni che possono costituire cause determinanti di eventi tali da rappresentare rischio oggettivo non solo per l’area direttamente interessata, ma anche per zone notevolmente distanti, ubicate generalmente a valle del sito oggetto dell’evento.
In generale possiamo affermare, a seguito delle indagini sul territorio, che i bacini interessati sono caratterizzati sostanzialmente da un diffuso dissesto idrogeologico generato da un progressivo abbandono del territorio, dalla mancanza di un’adeguata regimazione delle acque, da una totale mancanza di manutenzione e da una pressione antropica che si è andata sempre più intensificando in maniera caotica e irrazionale.
Oggi infatti persistono situazioni che nel passato non costituivano “rischio” nel senso sopra accennato o le cui conseguenze erano limitate.
La sezione idraulica dei suddetti tombini, se a tutt’oggi appare di molto inferiore alla reale necessità idraulica, in allora poteva essere sufficiente in quanto i bacini imbriferi non urbanizzati e i corsi d’acqua non canalizzati, ma presentanti ampie zone di espansione e laminazione sulle piene, determinavano un innalzamento dei tempi di corrivazione ed il conseguente abbassamento dei picchi di piena.
Inoltre l’eventuale insufficienza idraulica dei suddetti tombini e la conseguente esondabilità dei tratti a monte era considerato più un beneficio che un danno; infatti tali aree nel secolo scorso mancavano completamente di zone urbanizzate ed erano essenzialmente adibite a campi coltivati dotati di una fitta rete di canali di drenaggio; le esondazioni venivano pertanto raccolte da tale rete e distribuite nei terreni coltivati venendo così a costituire linfa vitale per le coltivazioni.
A tutt’oggi la situazione si è notevolmente modificata e i campi coltivati del secolo scorso sono diventate aree intensamente urbanizzate, per le quali un’ esondazione dei torrenti causerebbe gravi danni a cose e persone.
Esistono diversi livelli di rischio, apparentemente indipendenti fra loro, ma pur tuttavia correlabili in funzione delle interazioni di causa-effetto che possono determinarsi in rapida successione, vale a dire che l’effetto determinato da una precisa causa costituisce a sua volta causa per un successivo effetto di maggior significatività in termini di danno alle persone e alle cose, molto spesso amplificato dalla presenza di situazioni di degrado o di ulteriori parzializzazioni delle sezioni di deflusso.
E’ il caso di una possibile frana che verificandosi a monte di un tratto tombinato ha come effetto l’ostruzione parziale del corso d’acqua, il quale, a sua volta, per effetto del trasporto solido generato dal dilavamento e trasporto dei sedimenti detritici della fra na, costituisce la causa di una sensibile occlusione all’interno delle sezioni terminali, generalmente amplificato dalla presenza di strutture interferenti (tubi, restringimenti, presenza di manufatti, ecc); che potrebbe causarne l’esondazione rappresentata nella carta del rischio idraulico.
Il “fatto dannoso” innescato dalla frana, che potrebbe non arrecare alcun danno a strutture o persone, potrebbe pertanto essere percepito ad una notevole distanza ed in zone densamente popolate e con infrastrutture di interesse sociale.
Sulla base delle precedenti considerazioni si è giunti alla determinazione della carta del rischio che somma e concatena tra loro gli effetti dannosi sul territorio, rilevati in ciascun ambito di studio (idraulico, geologico, agronomico-forestale), ed aggiornati a seguito dell’evento alluvionale del novembre 2000.
Analisi dei rischi
Alla luce delle precedenti considerazioni ed in base agli studi compiuti nei precedenti capitoli è stata redatta la carta del rischio globale richiamando alc
uni concetti che stanno alla base della stessa.
A)
Rischio idraulico: si manifesta nell'impossibilità di deflusso di una certa portata e si traduce nel rischio di esondazione con inondazione di una superficie più o meno estesa che individua con i suoi confini l'area a rischio; tale voce è suddivisa in diverse zone relative all'esondazione con portate associate a tempi di ritorno di 50, 200 e 500 anni. Inoltre, in
base a considerazioni connesse con lo studio della morfologia del territorio ed in base alla presenza di superfici pianeggianti e/o piani interrati ovvero zone inondabili caratterizzate da marcata pendenza, si è valutata empiricamente la possibilità di zone di ristagno dell'acqua o di scorrimento superficiale, evidenziando le zone in cui si ritiene si verifichino significativevelocità di scorrimento con delle frecce.
B)
Rischio statico: è correlato all'instabilità strutturale dei manufatti influenzati (ed influenzanti) dal deflusso idraulico (tombini, argini, solette di copertura, ponti, passerelle, ecc.)
Ultima modifica approvata con DDG n.99 del 13/04/2017/245
E' bene sottolineare ancora una volta che il rischio strutturale permane anche in situazioni meteorologicamente non critiche in quanto lo stato di deterioramento delle infrastrutture riscontrato può provocare fenomeni di collasso anche in assenza di sollecitazioni idrauliche.
C)
Rischio geologico: è determinato dalle situazioni di instabilità dei versanti è può avere effetti diretti sull'area in cui si manifesta o indiretti a causa delle conseguenze che il verficarsi di un fenomeno geologicamente importante provoca lungo il corso d'acqua nel suo sviluppo di valle e soprattutto all'interno delle tombinature o in corrispondenza dei ponti.
D)
Rischio vegetazionale: è determinato da quelle situazioni in cui la mancanza diun'adeguata copertura ar borea, o comunque vegetale, o una scarsa efficienza ecologica delle fitocenosi preesistenti genera fenomeni di erosione che hanno conseguenze dirette sull'area, generando una progressiva detrizione del terreno, e/o indirette su tutto il bacino
per esempioin termini di riduzione del tempo di corrivazione e quindi aumento delle portateal colmo o incremento del trasporto solido del del torrente
Estratto dal piano di bacino Dianese
Questi piani potrebbero essere utilizzati per interventi di messa in sicurezza di ogni territorio italiano.
Purtroppo solo quando i danni provocati dai cambiamenti climatici diventeranno insostenibili , solo allora , lo spero, le pubbliche amministrazioni si attiveranno per limitare i danni. Queste segnalazioni le sto facendo da anni.....
ll Piano di Bacino costituisce la base per ogni intervento strutturale sul territorio poiché consente di effettuare un'analisi ad ampio spettro estesa a tutto il bacino determinando le problematiche ambientali connesse alle opere che si intendono realizzare e alle strutture che si
intendono salvaguardare; il Piano di Bacino non è dunque un documento puramente descrittivo, ma piuttosto rappresenta uno strumento operativo capace di fornire una dettagliata conoscenza del territorio e di consentire lo sviluppo di una strategia organica di intervento sul suolo
L’esame del comprensorio Dianese inserito nell’ambito di studio ha messo in luce una serie di situazioni che possono costituire cause determinanti di eventi tali da rappresentare rischio oggettivo non solo per l’area direttamente interessata, ma anche per zone notevolmente distanti, ubicate generalmente a valle del sito oggetto dell’evento.
In generale possiamo affermare, a seguito delle indagini sul territorio, che i bacini interessati sono caratterizzati sostanzialmente da un diffuso dissesto idrogeologico generato da un progressivo abbandono del territorio, dalla mancanza di un’adeguata regimazione delle acque, da una totale mancanza di manutenzione e da una pressione antropica che si è andata sempre più intensificando in maniera caotica e irrazionale.
Oggi infatti persistono situazioni che nel passato non costituivano “rischio” nel senso sopra accennato o le cui conseguenze erano limitate.
Diano Marina in rosso aree a rischio esondazione
La sezione idraulica dei suddetti tombini, se a tutt’oggi appare di molto inferiore alla reale necessità idraulica, in allora poteva essere sufficiente in quanto i bacini imbriferi non urbanizzati e i corsi d’acqua non canalizzati, ma presentanti ampie zone di espansione e laminazione sulle piene, determinavano un innalzamento dei tempi di corrivazione ed il conseguente abbassamento dei picchi di piena.
Inoltre l’eventuale insufficienza idraulica dei suddetti tombini e la conseguente esondabilità dei tratti a monte era considerato più un beneficio che un danno; infatti tali aree nel secolo scorso mancavano completamente di zone urbanizzate ed erano essenzialmente adibite a campi coltivati dotati di una fitta rete di canali di drenaggio; le esondazioni venivano pertanto raccolte da tale rete e distribuite nei terreni coltivati venendo così a costituire linfa vitale per le coltivazioni.
A tutt’oggi la situazione si è notevolmente modificata e i campi coltivati del secolo scorso sono diventate aree intensamente urbanizzate, per le quali un’ esondazione dei torrenti causerebbe gravi danni a cose e persone.
Esistono diversi livelli di rischio, apparentemente indipendenti fra loro, ma pur tuttavia correlabili in funzione delle interazioni di causa-effetto che possono determinarsi in rapida successione, vale a dire che l’effetto determinato da una precisa causa costituisce a sua volta causa per un successivo effetto di maggior significatività in termini di danno alle persone e alle cose, molto spesso amplificato dalla presenza di situazioni di degrado o di ulteriori parzializzazioni delle sezioni di deflusso.
E’ il caso di una possibile frana che verificandosi a monte di un tratto tombinato ha come effetto l’ostruzione parziale del corso d’acqua, il quale, a sua volta, per effetto del trasporto solido generato dal dilavamento e trasporto dei sedimenti detritici della fra na, costituisce la causa di una sensibile occlusione all’interno delle sezioni terminali, generalmente amplificato dalla presenza di strutture interferenti (tubi, restringimenti, presenza di manufatti, ecc); che potrebbe causarne l’esondazione rappresentata nella carta del rischio idraulico.
Il “fatto dannoso” innescato dalla frana, che potrebbe non arrecare alcun danno a strutture o persone, potrebbe pertanto essere percepito ad una notevole distanza ed in zone densamente popolate e con infrastrutture di interesse sociale.
Sulla base delle precedenti considerazioni si è giunti alla determinazione della carta del rischio che somma e concatena tra loro gli effetti dannosi sul territorio, rilevati in ciascun ambito di studio (idraulico, geologico, agronomico-forestale), ed aggiornati a seguito dell’evento alluvionale del novembre 2000.
Analisi dei rischi
Alla luce delle precedenti considerazioni ed in base agli studi compiuti nei precedenti capitoli è stata redatta la carta del rischio globale richiamando alc
uni concetti che stanno alla base della stessa.
A)
Rischio idraulico: si manifesta nell'impossibilità di deflusso di una certa portata e si traduce nel rischio di esondazione con inondazione di una superficie più o meno estesa che individua con i suoi confini l'area a rischio; tale voce è suddivisa in diverse zone relative all'esondazione con portate associate a tempi di ritorno di 50, 200 e 500 anni. Inoltre, in
base a considerazioni connesse con lo studio della morfologia del territorio ed in base alla presenza di superfici pianeggianti e/o piani interrati ovvero zone inondabili caratterizzate da marcata pendenza, si è valutata empiricamente la possibilità di zone di ristagno dell'acqua o di scorrimento superficiale, evidenziando le zone in cui si ritiene si verifichino significativevelocità di scorrimento con delle frecce.
B)
Rischio statico: è correlato all'instabilità strutturale dei manufatti influenzati (ed influenzanti) dal deflusso idraulico (tombini, argini, solette di copertura, ponti, passerelle, ecc.)
Ultima modifica approvata con DDG n.99 del 13/04/2017/245
E' bene sottolineare ancora una volta che il rischio strutturale permane anche in situazioni meteorologicamente non critiche in quanto lo stato di deterioramento delle infrastrutture riscontrato può provocare fenomeni di collasso anche in assenza di sollecitazioni idrauliche.
C)
Rischio geologico: è determinato dalle situazioni di instabilità dei versanti è può avere effetti diretti sull'area in cui si manifesta o indiretti a causa delle conseguenze che il verficarsi di un fenomeno geologicamente importante provoca lungo il corso d'acqua nel suo sviluppo di valle e soprattutto all'interno delle tombinature o in corrispondenza dei ponti.
D)
Rischio vegetazionale: è determinato da quelle situazioni in cui la mancanza diun'adeguata copertura ar borea, o comunque vegetale, o una scarsa efficienza ecologica delle fitocenosi preesistenti genera fenomeni di erosione che hanno conseguenze dirette sull'area, generando una progressiva detrizione del terreno, e/o indirette su tutto il bacino
per esempioin termini di riduzione del tempo di corrivazione e quindi aumento delle portateal colmo o incremento del trasporto solido del del torrente
Estratto dal piano di bacino Dianese
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