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Gli ostacoli tecnici per le fonti rinnovabili intermittenti

La registrazione su scala temporale della potenza elettrica generata dagli impianti eolici o da quelli solari (in particolare durante una giornata con passaggio veloce di nubi) mostra passaggi bruschi dal valore della potenza di targa (insieme delle informazioni minime necessarie per l’identificazione di un’apparecchiatura.) a valori più bassi in tempi dell’ordine dei secondi.

Pertanto, questi impianti vengono definiti come sorgenti intermittenti di elettricità.

Ad essi viene attribuita la capacità di fornire un flusso di energia nel tempo, ma non la capacità di garantire nello stesso tempo un qualche livello di potenza. L’intermittenza casuale della capacità generatrice di potenza rende difficoltose le operazioni di modulazione dell’offerta verso il carico richiesto.



1) Il potenziale energetico stimato delle FER elettriche è sovrabbondante rispetto al fabbisogno nazionale.
2) L’intermittenza della generazione introduce barriere tecniche ed economiche che impediscono di produrre quantità di energia elettrica in misura adeguata.
3) L’attuale modello applicativo (sistemi senza accumulo) non dà un contributo
significativo per rispettare gli impegni di Kyoto.
4) Occorre completare i sistemi di produzione con impianti di accumulo dell’energia a basso costo in modo da svincolare l’erogazione agli utenti dall’intermittenza.
5) Senza questi interventi migliorativi, le incentivazioni pubbliche attuali poste sullo sviluppo del mercato rischiano di produrre risultati poco efficaci rispetto alle necessità del risanamento ambientale.

E’ evidente che la mancata correlazione della qualità dell’uso finale dell’energia ad un’offerta che sia diversificata ed adeguata è alla base dell’inefficienza del sistema energetico Italiano, ed è pertanto la causa prima dello spreco delle risorse.
Quindi deve essere posta particolare attenzione alle finalità cui viene destinata la produzione di energia elettrica e dei suoi usi finali.
In virtù dell’alto contenuto d’informazione di questa forma di energia, é bene evitarne usi incongrui, diventa opportuno prestare maggiore attenzione al fatto che buona parte della domanda elettrica negli usi finali, sia nell'industria sia nei settori civile e terziario, è finalizzata a scopi termici.

La gerarchia qualitativa delle differenti forme energetiche pone dei vincoli di cui la pianificazione energetica deve tenere conto sia in fase di programmazione/installazione di nuovi impianti sia nella fase di riordino del sistema.

La pianificazione energetica, in un ottica integrata, deve essere basata sui concetti di "localizzazione" e di "uso razionale" dell'energia. 

La localizzazione consiste nella mappatura o georefenziazione delle diverse tipologie di domanda energetica presenti sul territorio: si tratta in pratica di localizzare i siti dove viene richiesta principalmente energia termica a bassa temperatura piuttosto che i siti dove invece è preminente la domanda elettrica.

Questo lavoro passa inevitabilmente attraverso la costruzione di "catasti energetici territoriali" costruiti su diverse scale, in cui la mappatura della domanda termica a diversi livelli di temperatura permetterà la sinergia tra settori economici anche diversi e il risparmio delle risorse del territorio.

Di conseguenza, le tecnologie delle diverse fonti permettono in pratica di attingere energia dai giacimenti in quantità commisurata a tre fattori:

• Disponibilità di adeguate aree territoriali
• Capacità tecnica di raccogliere in modo economico l’energia che insiste sul terreno
• Possibilità di avviare l’energia prodotta al consumo

A questi tre fattori corrispondono tre parole chiave: terreno, competitività e
vettoriabilità.
Il primo fattore rappresenta una caratteristica generale di tutte le fonti rinnovabili ed è alla base di qualunque discorso strategico.
Il totale dell’energia effettivamente disponibile sarà limitato dalla disponibilità territoriale offerta e dall’impatto paesaggistico.
Il secondo fattore è inerente al tipo di fonte, allo stato di sviluppo della
tecnologia, alla situazione economica presente e alle prospettive di miglioramento.
Infine, il terzo fattore rappresenta la possibilità di trasporto e distribuzione, condizioni determinanti per il successo della competizione quantitativa delle fonti rinnovabili.
Per questo motivo è lecito pensare che le forme assunte dall’energia rinnovabile
siano strettamente legate al territorio ed immagazzinate in altrettanti giacimenti
ciascuno di essi caratterizzato dalla sua densità superficiale di energia.

La necessità di localizzare la domanda termica è dettata dalla termodinamica.
Il trasferimento di calore a distanza è ovviamente soggetto a fenomeni di dispersione e di raffreddamento; ciò impone che l'installazione di centrali cogenerative con funzioni preminentemente termiche debba essere posizionata a più breve distanza possibile dall'utenza finale.
Le stesse ragioni termodinamiche impongono vincoli sulla dimensione, o la taglia, degli impianti: la possibilità di tenere conto della diversificazione
della domanda e contemporaneamente di ridurre i consumi di risorse migliorando l'efficienza energetica della produzione e la razionalizzazione negli usi finali è data tecnologicamente dalla cogenerazione.

Il parco Elettrico Italiano è caratterizzato da un rendimento energetico
medio del 33%.

Usare energia elettrica per riscaldare l'acqua, corrisponde a un vero e proprio massacro termodinamico: in pratica si impiegano combustibili fossili (che causano emissioni di gas climalteranti e inquinanti) in grandi centrali termoelettriche, e del calore prodotto ad alta temperatura, solo il 30-45% è trasformato in elettricità, mentre il restante 55- 70% è disperso sotto forma di calore; un altro 10% circa dell'energia elettrica generata è invece dispersa dalla rete di distribuzione elettrica.

Quel poco che rimane viene ritrasformato in calore a bassa temperatura nel nostro scaldabagno...
In tal modo viene utilizzato un combustibile fossile (a elevata intensità energetica) per produrre calore ad altissima temperatura, sprecandone oltre il 70%: decisamente un pessimo affare...

Appare evidente che le possibilità del settore industriale non debbano necessariamente limitarsi ad una logica di autoproduzione: le industrie possono infatti vendere in modo remunerativo l'energia elettrica e il calore prodotti alle utenze civili.
Risulta conveniente quindi creare dei veri e propri poli di produzione cogenerativa di energia elettrica e termica diffusi sul territorio.
Il settore civile si configura invece come utente di energia termica a bassa temperatura, e lo è sia nei confronti delle centrali elettriche sia rispetto
al settore industriale.

Per la riduzione dei consumi termici residenziali è importantissimo
il ruolo che potrebbero svolgere gli enti locali attraverso la realizzazione di impianti di cogenerazione collegati a reti di teleriscaldamento.

La dimensione medio-piccola degli impianti cogenerativi (microcogenerazione
diffusa) é già in Germania una scelta industriale perché sembra essere la più
idonea per la giusta modulazione dell'offerta alla reale domanda di energia,
evitando il rischio di sprechi dovuti al sovradimensionamento degli impianti.

La produzione combinata incrementa l’efficienza di utilizzo del combustibile
fossile: a ciò corrispondono minori costi e minori emissioni di inquinanti e di
gas ad effetto serra rispetto alla produzione separata di elettricità e di calore.

La cogenerazione unisce agli indubbi vantaggi ambientali, la riduzione degli oneri fiscali grazie alla produzione di energia elettrica da gas; ciò permette una defiscalizzazione del 40% sugli oneri del gas impiegato per la produzione di calore.
La cogenerazione è assimilata alle fonti energetiche rinnovabili dalla normativa nazionale (Legge del 9gennaio 1991, n.10).

Tratto dal Report Energia di Augusto Anselmo

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