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Fuga dalla libertà Erich Fromm

Libertà, una di quelle parole che lasciano in bocca un sapore agrodolce. Per la libertà si lotta e dalla libertà si fugge. Sembrerebbe un controsenso, ma a pensarci bene è proprio quello che accade quando finalmente riusciamo ad afferrarla e, guardandola in faccia, scopriamo che in realtà ci terrorizza.

Possibile?

Perché abbiamo paura della libertà? è la domanda che si pose Erich Fromm nel suo lavoro di psicoanalista, testimone non solo dei drammi privati dei suoi pazienti, ma anche del grande dramma della Seconda Guerra Mondiale e della successiva éra consumistica.
Possibile che la libertà sia un problema di tipo psicologico? Che le persone la bramino e ne siano terrorizzate al contempo?

Nel suo libro Fuga dalla libertà, Fromm espone una delle sue tesi più originali: “l’uomo d’oggi ha raggiunto la libertà, ma non riesce a usarla per realizzare completamente se stesso, anzi, la libertà sembra averlo reso fragile e impotente”.

Non vi sembra un paradosso? La libertà viene oggi considerata una delle maggiori conquiste dei paesi democratici eppure, a ben pensarci, siamo circondati da esempi più o meno evidenti di nuove forme di schiavitù, non più fisiche ma mentali ed emozionali.

Erich Fromm scrisse Fuga dalla libertà nel 1941, in piena Seconda Guerra Mondiale, una realtà ben diversa da quella che viviamo oggi, almeno in Italia. Nonostante questo, il libro e la sua tesi profumano ancora di nuovo, come se qualcuno li avesse appena scritti e pensati.

    Pur avendogli portato indipendenza e razionalità, la libertà ha reso [l’essere umano] isolato e, pertanto, ansioso e impotente. Questo isolamento è intollerabile e l’alternativa che gli si presenta è la seguente: o sfuggire dal peso di questa libertà verso nuove dipendenze e sottomissioni, o progredire verso la piena realizzazione della libertà positiva che si fonda sull’unicità e l’individualità dell’uomo. [cit]

Il concetto di libertà è andato evolvendosi nel tempo assumendo nuovi significati, elevandosi in certi casi. Purtroppo, la consapevolezza umana non si è evoluta di pari passo e il risultato è un vuoto emotivo e morale che ha generato una solitudine sia fisica che di valori, simboli e modelli. Due solitudini che se mescolate diventano esplosive.

Siamo umani e cerchiamo connessioni, abbiamo bisogno di comunicare gli uni con gli altri, ma purtroppo siamo calati in una realtà sociale che, scrive Fromm, se da un lato ci ha permesso di diventare più indipendenti, autosufficienti e critici, dall’altro ci ha anche resi più isolati, soli e impauriti.

Ed ecco che entrano in gioco il mercato e l’ossessione per la celebrità, ovvero il voler essere Qualcuno a tutti i costi.

    Se il significato della vita è diventato incerto, se i propri rapporti con gli altri e con se stessi non offrono sicurezza, allora la fama è un mezzo per far tacere i propri dubbi. [cit]

Il bisogno di “fama”, di essere alla moda, non è che un segno di questi tempi e dell’insicurezza che generano in noi.

    Le crisi economiche, la disoccupazione, la guerra governano il destino dell’uomo. L’uomo ha costruito il suo mondo […] ma si è estraniato dal prodotto delle sue mani, non è più davvero il padrone del mondo che ha costruito. [cit]

Tutto è diventato mercato e merce da piazzare sul mercato, anche la nostra pelle: se gli altri riconoscono Qualcuno in me, allora significa che valgo, altrimenti è come se non esistessi.

Un generico “altri” che si incarna anche nel partner, negli amici, nel datore di lavoro… in chiunque, fuori da noi, sia rivestito di questo potere: il potere di determinare chi siamo e quanto valiamo.
Dipendenza, brama di potere, conformismo e ribellione conformista… tante sono le facce di questa Idra moderna.
Un’autorità anonima

Fuga dalla libertà è un saggio molto interessante, a tratti impegnativo, che spinge a porsi nuovi interrogativi, a mettere in discussione una modalità di vita vissuta spesso come “inevitabile”.

Oggi non abbiamo più bisogno di un’autorità che ci dica cosa pensare o cosa provare, seguiamo il buon vecchio senso comune di nostra volontà. Fromm la chiama “autorità anonima”, è lei che decide per noi, o perlomeno per molti di noi.

    [L’autorità anonima] ha assunto le sembianze del senso comune, della scienza, della sanità psichica, della normalità, dell’opinione pubblica. Non pretende nulla, se non ciò che è di per sé evidente. [cit]

Fromm ci mette in guardia: stiamo barattando la nostra libertà – di pensiero, di sentimento, d’azione – per l’ultima novità lanciata sul mercato, che sia un prodotto, un corpo o un modo di vivere.

    La questione decisiva non è quel che si pensa, ma in che modo lo si pensa. Il pensiero che è frutto della riflessione attiva è sempre nuovo e originale; originale non necessariamente nel senso che altri non l’abbiano pensato prima, ma sempre nel senso che la persona che pensa ha usato il pensiero come uno strumento per scoprire qualcosa di nuovo nel mondo esterno o dentro di sé. [cit]

Se tutti pensano allo stesso modo, allora qualcuno non sta pensando avrebbe detto il generale George S. Patton. Credo proprio che Fromm sarebbe stato d’accordo.

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