Una volta era "Dublino" la causa del problema, l'obbligo di essere identificati e di restare nel paese del primo sbarco. Oggi si chiamano Amburgo e Montego bay (Unclos, 1982) e sono le due convenzioni sul diritto del mare. Se non vengono corretti questi due pilastri del diritto internazionale che regolano il soccorso in mare, è quasi impossibile chiudere i porti italiani alle navi straniere che hanno salvato migranti e però puntualmente, da anni, li consegnano alle nostre autorità.
Sono le Nazioni Unite che regolano l'attività di SAR
Il vero interlocutore per noi sono le Nazioni Unite, cabina di regia di
entrambe le convenzioni internazionali che regolano l'attività di SAR
(search and rescue).
Il punto è che quello che fanno le navi straniere è
perfettamente legittimo. Illegittimo è, allo stato attuale, impedire
loro di attraccare.
Vediamo perché.
I concetti base che regolano
l'attività di SAR - e che ispirano le due convenzioni - sono quello di
distress, cioè lo stato di difficoltà del natante da soccorrere e quindi
il pericolo di vita per i suoi passeggeri e quello di place of safety,
cioè il porto sicuro dove condurli.
I trattati spiegano anche che ogni
tipo di imbarcazione, "è tenuta a segnalare il natante in difficoltà
avvistato e a prestare soccorso secondo le istruzioni delle autorità
competenti".
L'autorità competente è il comando del Corpo delle capitanerie di porto
In
attuazione della convenzione di Amburgo, l'autorità competente è il
comando generale del Corpo delle capitanerie di porto attraverso l'IMRCC
(Italian marittime residue coordination center).
In realtà è proprio
questo centro il presunto "luogo del delitto", la cabina di regia che
consente alle navi straniere di arrivare con il loro carico di migranti
nei porti italiani.
La beffa è che ciò avviene con il via libera delle
autorità italiane e in presenza di quelle europee che siedono nella
stessa Centrale.
Le acque SAR italiane occupano oltre 500 mila kmq
Il motivo è semplice: le acque SAR
italiane occupano oltre 500 mila kmq e inevitabilmente il place of
safety più sicuro e vicino è per forza italiano.
Nè spagnolo, nè
francese nè altro.
Potremmo condividere di più con Malta che però ha
indicato nei vari trattati acque SAR molto più limitate (250 mila kmq) e
ha sottoscritto l'obbligo di salvataggio ma non quello di ricezione.
Assenti del tutto accordi analoghi con la Tunisia.
In pratica l'unica
che salva e poi riceve è l'Italia.
Ecco perché, una volta chiuso il
corridoio balcanico grazie agli accordi con la Turchia, l'unica via di
accesso dall'Africa, dal medioriente e persino dal Bangladesh verso
l'Europa resta la Libia e da qui l'Italia.
Disattendere unilateralmente le convenzioni internazionali
Tutto questo, "non è più sostenibile".
Restano due strade.
La
prima: disattendere unilateralmente le convenzioni internazionali dando
il necessario preavviso alle segreterie, spiegando i motivi e rischiando
sanzioni. Saremmo obbligati ad accogliere solo bambini, donne incinte e
uomini malati. Le navi straniere dovrebbero cercare altri porti non in
Italia.
Da notare che l'Italia ha già provato a sollevare la questione
nel 2015.
Fu risposto che "non c'era necessità di interrogarsi
sull'attualità delle convenzione di Amburgo".
L'obiezione oggi è che "la
convenzione è nata per soccorrere e non per creare corridoi umanitari
in via autonoma".
Distribuzione dei migranti nei vari Paesi europei
In alternativa l'Europa, cioè
Bruxelles, può superare i termini rigorosi e non più attuali della
convenzione applicando la distribuzione dei migranti nei vari paesi
europei e individuare ad esempio a Nizza o a Barcellona, in Croazia o in
Germania gli altri porti sicuri.
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