Passa ai contenuti principali

Rapporto Italia 2016. L’invidia è il vizio che blocca l’Italia.

Italia: superare la sindrome del Palio, passare dal contro al trasformare la nostra potenza in energia

L’invidia è il vizio che blocca l’Italia. Una vera e propria sindrome che l’Eurispes definisce “sindrome del Palio” che non ci permette di trasformare la nostra potenza in energia.
“L’Italia – spiega il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – è infatti rallentata da una diffusa e radicata sindrome del Palio di Siena la cui regola principale è quella di impedire all’avversario di vincere, prima ancora di impegnarsi a vincere in prima persona. Sempre senese era l’anima nel XIII Canto che dice a Dante: «Fui molto più lieta delle sfortuna altrui che della mia fortuna».

L’invidia e la gelosia, se volte in positivo, diventano il propellente indispensabile alla crescita e allo sviluppo. Stimolano la concorrenza nel mercato privato; spingono a comportamenti più virtuosi, apprezzabili e spendibili sul piano del ruolo e dell’immagine, nel pubblico. 
Di fatto, nel nostro Paese ciò non accade. Invidia e gelosia si traducono in rancore e denigrazione. Odiamo e denigriamo il nostro vicino più bravo e, invece di impegnarci per raggiungere risultati migliori e superarlo in creatività, efficienza e capacità, spendiamo le nostre migliori energie per combatterlo, per mortificarne i successi, per ostacolarne o addirittura bloccarne il cammino. Insomma un vero e proprio “spreco di potenza”, una filosofia del contro invece che del per”.

“Altri due ganci, secondo il Presidente dell’Eurispes, continuano a frenare l’Italia e ad impedirle di valorizzare al meglio le proprie enormi risorse. Il primo, la burocrazia e la iperproduzione di norme, leggi e disposizioni. Un freno che trattiene la crescita e mortifica spesso la volontà e l’ingegno degli spiriti migliori. La paranoia regolativa ha ormai raggiunto livelli insopportabili e mentre da una parte si costituiscono e si insediano commissioni per la semplificazione o per la riduzione o l’eliminazione di leggi ritenute superate od obsolete, dall’altra si continua, come in una gara, a produrne di nuove che si intrecciano, si accavallano, si contraddicono con quelle già esistenti. 
In un Paese nel quale la pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili, il prezzo pagato al “disbrigo” delle pratiche burocratiche diventa un ulteriore balzello, risorse sottratte allo sviluppo e alla crescita delle imprese, valutabili in diversi miliardi di euro l’anno. Sorte migliore non tocca ai cittadini”.

“In questo senso – sottolinea Fara – l’Italia è un paese prigioniero. Prigioniero delle Istituzioni, della burocrazia e delle carte. Un sistema siffatto scoraggia la libera iniziativa, mortifica le imprese, annichilisce i cittadini ed è incapace di mantenere i ritmi e i tempi che la modernità richiede e impone. Weber definiva la burocrazia “spirito coagulato”, si tratta quindi di “sciogliere” questo coagulo per evitare forme di arroccamento e di isolamento che producono separatezza e distanza da coloro che dovrebbero essere i primi e diretti beneficiari del lavoro svolto dalla burocrazia e cioè i cittadini.

Il secondo aspetto riguarda la incapacità della società italiana di “fare sistema”. Non più la società liquida descritta da Bauman, ma una società “evanescente” nella quale ognuno pensa a se stesso e che non riesce ad elaborare un progetto complessivo. Sembra che il nostro Paese faccia di tutto per negare il proprio valore e che a noi manchino il gusto e il piacere di sentirci italiani, sottovalutando e non facendo gran conto né di quelle prerogative nelle quali non siamo inferiori agli altri né di quei concittadini che abbiano conseguito risultati di eccellenza”.

“Secondo diversi indicatori nazionali e internazionali – prosegue il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – la crisi che ha segnato gli ultimi dieci anni della vita del nostro Paese sembra – almeno per ciò che riguarda l’economia – giunta al termine di un percorso che, comunque, lascia dietro di sé cumuli di macerie e che ha provocato profonde trasformazioni negli assetti sociali, territoriali, produttivi ed economici nazionali.

Rimangono ancora aperte e irrisolte la crisi del sistema politico-istituzionale e quella sociale. Ma, mentre la prima pare avviata a soluzione, la seconda è in pieno svolgimento e la soluzione sembra ancora lontana poiché nel corso degli anni non se ne sono comprese la vera natura, la profondità e l’ampiezza della portata. Si sono sottovalutati gli effetti che la recessione e le politiche adottate per combatterla hanno prodotto: la messa in discussione delle tradizionali certezze, il blocco della mobilità sociale, l’impoverimento di ampi strati della popolazione e soprattutto dei ceti medi, la concentrazione della ricchezza in un numero sempre più esiguo di soggetti, la caduta della qualità dei servizi, il progressivo smantellamento del welfare, la consegna al limbo di intere generazioni di giovani, l’abbandono del Mezzogiorno, la crescita della pressione fiscale diventata ormai insostenibile, e tanto altro ancora.

E tuttavia, il Paese non è la morta gora che alcuni spesso strumentalmente descrivono. E bisogna prendere atto che finalmente qualcosa comincia a muoversi e che al tradizionale piangersi addosso per l’accanimento del “destino cinico e baro”, spesso straniero e talvolta tedesco, viene opposta una forte volontà di reagire per cercare di uscire dal pantano nel quale questo lungo periodo di crisi ci ha costretti”.

Oggi, con la consapevolezza delle difficoltà e della gravità della situazione, è maturato il desiderio di reagire e di individuare soluzioni credibili e durature. D’altra parte – conclude il Presidente dell’Eurispes – nessuna malattia può essere curata senza una cosciente presa d’atto delle sue cause e dei suoi percorsi. Ma, nello stesso tempo, nessun medico potrà mai guarire un ammalato che non reagisca o che non voglia guarire.

“Chi dovrebbe “fare sistema”? Chi dovrebbe gestire la complessità? Chi dovrebbe elaborare strategie? Chi dovrebbe produrre senso ed orientamento?

Eurispes

Commenti

Post più visti

Leggete a chi vanno i miliardi della Bce. E vomitate!

Mi prenderei a sberle. Avevo un documento agghiacciante in scrivania e non l’ho aperto per mesi. Dentro c’è la verità su chi Mario Draghi sta veramente finanziando coi miliardi del Quantitative Easing (Qe) mentre storce il naso se Roma chiede 20 euro per gli abruzzesi in ipotermia, sfollati da mesi, con morti in casa e la vita devastata, o per mettere 11 euro in più nel Job Act infame di Renzi e Poletti. Quando io gridavo a La7 “Criminali!” contro gli eurocrati, l’autore del programma, Alessandro Montanari, mi si avvinghiava alla giacca dietro le quinte e mi rampognava fino alla diarrea. Quel genio di Oliviero Beha mi rampognò in diretta, è in video. Ma voi leggete sotto, mentre pensate ai sofferenti d’Italia. Bacinella del vomito a portata di mano, raccomando. Il pdf in questione mi arrivò a fine ottobre via mail da Amsterdam, fonte autorevole oltre ogni dubbio. M’ingannò, porcaputtana, il subject mail che era “Draghi finanzia il Climate Change”. Pensai, ok, ci ar

IL VIRUS GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO

Post per pochi intimi.5 minuti per avere una visione corretta di quello che è realmente accaduto. Buona lettura. Può un virus arrivare proprio nel momento esatto per essere considerato come una vera e propria benedizione? Sarebbe quasi un’eresia rispondere di si. Invece, per gli operatori finanziari, è proprio ciò che è accaduto. A giugno 2019 il mercato dei REPO stava iniziando a collassare mostrando segnali di pericolo sistemico. La maggior parte della gente non sa neanche che cosa siano i REPO. In pratica sono operazioni di pronti contro termine con cui le banche e i maggiori operatori economici si scambiano asset (principalmente titoli di stato) con operazioni di durata brevissima allo scopo di ottenere liquidità istantanea per le ragioni legate soprattutto al rischio controparte che scaturisce da operazioni altamente speculative nel mercato dei derivati. Il campanello d’allarme inizia a suonare a giugno. A settembre 2019 la situazione diventa preoccupante. Quanto preoccupan

Quando e perchè è iniziato il declino Italiano ?

Nel 1987 l’Italia entra nello Sme (Sistema monetario europeo) e il Pil passa dai 617 miliardi di dollari dell’anno precedente ai 1201 miliardi del 1991 (+94,6% contro il 64% della Francia, il 78,6% della Germania, l’87% della Gran Bretagna e il 34,5% degli Usa). Il saldo della bilancia commerciale è in attivo di 7 miliardi mentre la lira si rivaluta del +15,2% contro il dollaro e si svaluta del -8,6% contro il marco tedesco. Tutto questo,  ha un suo apice e un suo termine coincidente con la nascita della Seconda Repubblica. La fredda legge dei numeri ci dice difatti che dal 31 dicembre del 1991 al 31 dicembre del 1995, solo quattro anni, la lira si svaluterà del -29,8% contro il marco tedesco e del -32,2% contro il dollaro Usa. La difesa ad oltranza e insostenibile del cambio con la moneta teutonica e l’attacco finanziario speculativo condotto da George Soros costarono all’Italia la folle cifra di 91.000 miliardi di lire. In questi quattro anni il Pil crescerà soltanto del 5,4% e s