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La crisi energetica

Gli indirizzi di politica energetica che verranno adottati nel decennio in corso determineranno la portata e il carat­tere delle relazioni sociali. Una politica di bassi consumi di energia permette un'ampia scelta di stili di vita e di culture.


Se invece una società opta per un elevato consumo di ener­gia, le sue relazioni sociali non potranno che essere deter­minate dalla tecnocrazia e saranno degradanti comunque vengano etichettate, capitaliste o socialiste.
La cosiddetta crisi energetica è dunque un concetto politicamente ambiguo. L'interesse pubblico ai quanta di energia e alla distribuzione del controllo sul loro impiego può portare in due direzioni opposte.
Da una parte si possono porre domande suscettibili di aprire la via a una ricostruzione politica sbloccando la ricerca di un'economia post-industriale ad alta intensità di lavoro, a basso con­tenuto di energia e ad alto grado di equità.


Dall'altra parte l'isterico affanno per l'alimentazione delle macchine può dare un ulteriore impulso all'attuale sviluppo istituzio­nale a forte intensità di capitale e portarci al di là del­l'ultima curva che ci separa da un Armageddon iperindu­striale.
La ricostruzione politica presuppone il riconosci­mento del fatto che esistono dei quanta pro capite critici, superati i quali l'energia non è più controllabile per via politica.
Dall'altro canto, le restrizioni ecologiche al con­sumo energetico globale imposte da pianificatori di men­talità industriale inclini a mantenere la produzione delle industrie a un ipotetico livello massimo non potrebbero che sfociare nell'imposizione d'una gigantesca camicia di forza all'intera società.

Per capire meglio le ragioni e le modalità di un suo necessario superamento. troverà gli strumenti nell’opera di Ivan Illich”.

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