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Tasse e Costituzione Italiana

Nessuno mette in discussione le ricette che hanno condotto alla macelleria sociale che ha oramai invaso le nostre esistenze: si continua a tagliare la spesa sociale, proprio mentre se ne ha più bisogno, e nel contempo si precarizza il lavoro, cancellando diritti e aprendo così la strada verso ulteriori compressioni del salario.
È questa l'essenza del confitto, oramai sempre più drammatico, tra lavoratori inchiodati alla dimensione territoriale e imprese sempre più sradicate da quella dimensione: sempre più ridotte a impalpabili flussi dell'economia finanziaria. 
Un conflitto alimentato dagli Stati, capaci solo di assecondare il dilagare di questi flussi, di incoraggiarli attraverso una corsa al ribasso tra chi offre le migliori condizioni per le imprese, e di riflesso le peggiori per i lavoratori. 
L'Istat ci dice che in Italia quasi l'8% delle persone versano in condizioni di povertà assoluta, ovvero conoscono la fame: una cifra quasi raddoppiata rispetta a dieci anni prima, spaventosa per l'ottavo Paese più ricco del mondo. Dove a essere colpiti sono soprattutto i giovani, disoccupati nel 40% dei casi: motivo per cui sono costretti a vivere in famiglia (accade a 7 milioni di loro), o a emigrare in cerca di lavoro (circa 100 mila l'anno scorso, oltre la metà dei cittadini iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero). 
Il tutto mentre aumenta l'esercito dei working poor: persone che lavorano, retribuite però con salari talmente bassi da non consentire loro di vivere al di sopra della soglia di povertà. 
Inoltre lo stato si ricorda del cittadino solo quando gli impone il pagamento di somme, spesso non dovute… e il cittadino a questo punto si può considerare suddito non certo sovrano come detta la carta costituzionale. 
A fronte di tutto questo occorrerebbe mostrare maggiore attenzione ai dettami della nostra carta costituzionale , perché li dovremmo cercare risposte a questo stato di cose.

Attraverso il fisco lo Stato dovrebbe redistribuisce la ricchezza secondo un principio di giustizia e di solidarietà: chi ha più forza economica versa più soldi di chi ne ha meno.
È quanto prevede la Costituzione italiana, stabilendo che "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva", e soprattutto che "il sistema tributario è improntato a criteri di progressività" (art. 53). 
Persone per le quali non vale un altro elemento fondamentale del patto di cittadinanza: quello, richiamato dalla Costituzione, per cui tutti sono tenuti a svolgere "un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (art. 4), potendo però ricavare da essa i mezzi per condurre "un'esistenza libera e dignitosa" (art. 36).
In tal modo più si è facoltosi, e più è elevata la percentuale di reddito che deve essere versata allo Stato, che la utilizzerà per fornire i beni necessari a soddisfare i diritti fondamentali di chi non può ottenerli a prezzi di mercato: dalla sanità all'istruzione, passando per le pensioni, la casa e la mobilità.
Si dovrebbe così attuare il principio di parità sostanziale richiamato anch'esso dalla Costituzione italiana, per cui lo Stato deve assicurare l'uguaglianza dei cittadini rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona (art. 3).
Corte Costituzionale n. 275 del 16.12.2016
"E' la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione "
Con un ragionamento elementare, guardando la partizione della Carta, non è difficile comprendere che l'articolo 2, rientrando fra i principi fondamentali (trattandosi anche del secondo articolo) assuma un valore diverso e maggiore dell'articolo 53 che si trova nei rapporti politici rientranti nel titolo IV. 
Da questo elementare ragionamento possiamo tentare di abbozzare una priorità fra il diritto costituzionale all'esercizio dei diritti inviolabili dell'uomo e l'obbligo di partecipare alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva. 
Non vi è dubbio che in caso di conflitto debba prevalere il primo, cioè l'esercizio dei diritti inviolabili dell'uomo. 
Non solo chi non può pagare non deve pagare ma deve essere messo in condizione di vivere una vita dignitosa.
E' lo stesso articolo 2 ad imporre la solidarietà economica e sociale qualificandoli come doveri inderogabili. 
Il giurista conosce la differenza fra norma derogabile e norma inderogabile.
La seconda non può essere derogata, è imperativa. 
Questi doveri di solidarietà sociale ed economica (tralasciamo la politica) sono doveri solamente pubblici o anche privati. 
Crediamo che siano anche privati.
Il sistema tributario è veramente informato a criteri di progressività?
Secondo analisi indipendenti, sarebbe emerso che le due Agenzie: Agenzia delle Entrate ed Equitalia sono riuscite negli ultimi quindici anni ad ottenere un potere smisurato, e che con un'interpretazione delle norme fiscali del tutto propria, ne avrebbero condizionato la loro attuazione mettendo letteralmente in ginocchio i contribuenti. 
 
Se il risparmio è reso impossibile, a causa di una tassazione feroce che colpisce un contribuente a prescindere dalla reale capacità contributiva, tassando beni ad esempio come la casa, il limite costituzionale evidenziato nella pronuncia n. 143/2005 è superato. 
Sempre più cittadini non pagano queste imposte semplicemente per una banalissima ed evidente circostanza, già abbondantemente provata, non dispongono delle somme necessarie a farlo. 
Ovvero ha una capacità contributiva insufficiente a pagare i tributi richiesti.
Ci chiediamo se una persona normodotata arrivi al suicidio dopo aver ricevuto una cartella da Equitalia ha quella capacità contributiva richiesta dalla Carta costituzionale oppure no? 
Caso mai non lo fosse, o non lo fosse a sufficienza, atteso che appare più improntato a criteri di cassa, possono ravvisarsi ipotesi di incostituzionalità delle disposizioni normative tributarie che impongono il pagamento di molti tributi non dovuti.
Per concludere questo breve ed elementare ragionamento ci domandiamo se le ipotesi di incostituzionalità, fondate su queste riflessioni, possano in qualche misura aiutarci nella tutela dei contribuenti avanti le giurisdizioni tributarie ?

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