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Neocolonialismo


Storicamente, il significato più diretto di neocolonialismo indica una presunta nuova situazione di dominio esercitata dagli stati europei sui propri ex territori coloniali, a pochi anni di distanza dai processi che portarono questi paesi a conquistare l'indipendenza. Si tratterebbe di un tipo di colonialismo "informale", al contrario di quello "formale" che l'aveva preceduta. 



Il colonialismo significò la dottrina e l'organizzazione istituzionalizzata di sistemi di dominio di uno Stato su popoli appartenenti a civiltà diverse e lontane. 
La seconda guerra mondiale diede avvio al periodo che segnò la fine dei sistemi coloniali formali. 
Tuttavia, se da una parte la decolonizzazione significò il rovesciamento dei processi di colonizzazione, dall'altra parte quest'ultimi condizionarono in maniera determinante molti degli sviluppi del periodo post-coloniale. 
Il colonialismo determinò in questi paesi una struttura economica diseguale e condizionata dalla produzione di materie prime con una forza-lavoro relegata ai limiti della sussistenza. 
Come ha affermato l'economista S. Amin, determinò economie rivolte verso l'esportazione e non alla creazione di un mercato interno. 
Lo stato coloniale prima, e modi e tempi della decolonizzazione, poi, predisposero le strutture istituzionali e politiche che caratterizzano i nuovi stati indipendenti. 
Nel contesto economico del sistema mondiale post-bellico, gli stati europei capirono che la dominazione politica non era più conveniente e che, invece, era molto più proficuo gettare le basi di solidi legami economici e finanziari, nello stesso momento in cui si procedeva al trasferimento dei poteri di governo alle élites locali e quindi a negoziare l'indipendenza. 
Un esempio tipico è costituito dalla Gran Bretagna, le cui condizioni finanziarie alla fine della seconda guerra mondiale erano decisamente precarie. 
Le strutture commerciali e finanziarie che essa sviluppò con le sue colonie nel dopoguerra furono finalizzate a sanare il suo indebitamento con "l'area del dollaro". Quelle stesse strutture costituirono poi la base per i rapporti economici e politici tra le ex colonie resesi indipendenti e la madrepatria. 
Il termine neocolonialismo cominciò ad apparire nella letteratura negli anni '50 per definire le forme di dipendenza sociale, politica, culturale, ma soprattutto economica che gli ex stati coloniali riuscirono ad esercitare sui propri ex possedimenti territoriali in Asia e soprattutto in Africa. 
Così, ad esempio, si disse che il Portogallo non partecipò all'ondata di decolonizzazioni degli anni '50 e '60 per il motivo che non "era in grado di neocolonizzare", non aveva cioè il potenziale economico per esercitare un tale legame dominante con i suoi territori "d'oltremare". 
A dare forma e diffusione alla nozione di neocolonialismo fu innanzitutto K. Nkrumah (1909-1972), leader indipendentista e poi primo presidente del Ghana. Egli, dopo aver guidato all'indipendenza il suo paese, intese il neocolonialismo come forma di dominio del capitale e degli interessi stranieri per mezzo di élites e di interessi interni. 
Nel 1965 scrisse Neo-Colonialism, The Last Stage of Imperialism, riecheggiando consapevolmente la teoria dell'imperialismo di Lenin.
Nei nuovi stati indipendenti si è andata rafforzando una diversa forma di dipendenza economica, culturale, sociale e politica che ha dato luogo al cosiddetto neocolonialismo. 
Seguendo un certo filo logico, si può dire che ogni corrente di pensiero che consideri l'esistenza di forme di neocolonialismo, si accosta alle elaborazioni concettuali della "dipendenza" e del "sistema-mondo" e afferma che l'unità di analisi per comprendere i vincoli sociali e i processi decisionali in tutti i paesi è l'economia mondiale capitalista. 
La teoria della dipendenza è una teoria neomarxista sorta nelle scienze sociali latinoamericane alla fine degli anni sessanta, in reazione alle interpretazioni dualiste dell'arretratezza dell'America Latina. 
I suoi teorici videro sviluppo e sottosviluppo come posizioni funzionali all'interno dell'economia mondiale, e non come stadi disposti lungo una presunta scala evolutiva. 
Con ciò, essi intesero caratterizzare la condizione di subordinazione economica propria dei paesi poveri.
Questi sono situati nella “periferia” del sistema mondiale, quest’ultima intesa in riferimento al “centro” rappresentato dagli stati dell'Occidente o del Nord. 
A dare avvio alla vera e propria scuola della dipendenza fu G. Frank, che, facendo proprie le tesi avanzate da P. Baran, sostenne che lo sfruttamento del Terzo mondo era proseguito indisturbato, e in modo ancor più efficace, dopo la fine del dominio coloniale, e che il sottosviluppo era il risultato della conquista economica delle aree arretrate da parte del capitalismo metropolitano avanzato. Lo storico neomarxista I. Wallerstein fuse la prospettiva di Frank con l'analisi geografica di F. Braudel dell'"economia-mondo", introducendo il concetto di "sistema-mondo" anche nella lingua inglese. Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale ha visto una crescita immensa dell'interdipendenza globale, con le seguenti caratteristiche:
* un'estensione dell'influenza di organizzazioni internazionali come il I.M.F.(Fondo Monetario Internazionale) e la World Bank (Banca Mondiale),
* il corrispondente indebolimento della capacità di particolari paesi o comunità di isolarsi dal potente impatto della divisione internazionale del lavoro. 
Le imprese multinazionali capaci di operare su scala globale sono sempre più influenti sui livelli di attività economica dei paesi che le ospitano.
Sono, questi, soltanto alcuni aspetti della cosiddetta globalizzazione, un processo tramite il quale la popolazione mondiale sta legandosi sempre più in un'unica società. 
Il termine globalizzazione si è diffuso solo a partire dagli anni '80. I mutamenti cui si riferisce sono carichi di significato politico, e il concetto è controverso. 
Per gli economisti, la globalizzazione è legata allo smantellamento delle barriere internazionali che si oppongono al funzionamento del mercato internazionale dei capitali. 
Da altri la globalizzazione viene ora vista come una "occidentalizzazione del mondo". 
Essa fagocita ogni differenza di tipo sociale e culturale, ma riguarda innanzitutto la sfera economico-finanziaria. 
Il dominio incontrastato dell’ideologia capitalista, accompagnato da una uniformità anche culturale detta "pensiero unico", assumerebbe come naturale e ineluttabile una trasformazione favorevole soltanto a una parte minoritaria della società. 
Si sostiene che il neocolonialismo è caratterizzato oggi, più che dal dominio politico esclusivo di una metropoli sui suoi ex possedimenti coloniali, proprio dal dominio del mercato capitalistico internazionale - di stampo occidentale - su paesi produttori di materie prime, privi di strutture industriali integrate, dipendenti finanziariamente e tecnologicamente, governati da classi politiche pesantemente condizionate dalla struttura della dipendenza economica. 
Questo dominio del mercato capitalista internazionale sui paesi più poveri agirebbe attraverso vari canali. 
Tra questi, domina il ruolo tenuto dalle istituzioni finanziarie internazionali, in primis la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che tengono le leve della politica economica internazionale, devastanti sono anche meccanismi quali la cosiddetta "trappola del debito", che ha fatto sprofondare molte nazioni in via di sviluppo nella crisi di una acuta dipendenza finanziaria.

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