Una crisi come quella che attraversiamo segna un cambio strutturale di prospettiva. Ne usciremo diversi. Anche per un aspetto meno analizzato di altri: gli esperti che avevano costruito il castello di carte finanziario che è scoppiato – insieme agli ideologi dell’iperliberismo, ai politici che li hanno appoggiati, agli studiosi che non li hanno criticati – non sono destinati a recuperare credibilità, dopo aver sbagliato tanto clamorosamente in passato.
Una riflessione questa che mi trova in assoluto accordo, manca la visione del mondo, dei problemi che dovremo affrontare e le soluzioni da proporre.
A questo proposito, Giuliano da Empoli scrive un libro leggero e denso, da non perdere.
Descrive con successo il punto di svolta culturale contemporaneo sviluppando con precisione un aspetto decisivo del cambio di paradigma che le società occidentali stanno attraversando: la fine dell’egemonia degli specialisti e l’avvento della leadership culturale degli esploratori indisciplinati condotti da una tensione umanistica.
Questa idea ricorda il lavoro di Thomas Kuhn relativo alle rivoluzioni scientifiche, che da Empoli cita esplicitamente: nelle fasi storiche “normali”, gli scienziati non fanno altro che risolvere rompicapi definiti dai temi di ricerca previsti all’interno del sistema interpretativo conosciuto; quando cambia il paradigma e si assiste a una rivoluzione scientifica, sono i sistemi interpretativi che vanno in fumo e gli scienziati sono chiamati a contribuire alla costruzione di nuove visioni del mondo.
Lo stesso si può dire per gli esperti dell’epoca che è trascorsa: non facevano che risolvere rompicapi, ma ora si trovano impreparati a comprendere la grande trasformazione e si scopre che non sono altro che “ignoranti istruiti”.
Giuliano da Empoli vede l’emergere di una nuova leadership culturale nei grandi “umanisti” del nostro tempo, quelli che rompono gli schemi e si trovano a proprio agio oltre i confini disciplinari.
Le pagine dedicate a Stewart Brand sono magnifiche.
Ma aprono la strada a percorsi di ricerca nel corso dei quali ci si trova a incontrare persone che non si possono descrivere limitandosi all’etichetta di architetti e tecnologi, scienziati e scrittori, perché il loro spirito umanistico li porta sempre oltre i confini e alla ricerca delle frontiere.
È la crisi delle discipline specialistiche tradizionali a sostenere questa nuova leadership.
Ma lo è anche l’emergente necessità di costuire una nuova visione del mondo che spinge la cultura ad affidarsi agli esploratori.
E lo stesso testo di da Empoli evolve in modo che si avverte una vena narrativa emergente al di sotto della struttura saggistica.
Forse è un altro confine che è destinato a saltare.
Sarebbe assurdo discutere i meriti della profondità che, spesso è legata alla specializzazione, ma questa epoca ha bisogno anche di larghezza e di velocità, di adattamento e di ispirazione, di metodo scientifico e narrazione, di entusiasmo e ribellione, di prospettiva e passione.
Non si raggiungono risultati senza crederci: e non si può credere in una cultura che abbia esaurito la sua capacità di interpretare la realtà.
Dunque per innovare occorre anche cambiare il modo di vedere la realtà e credere di poterlo fare.
Le sorgenti dell’innovazione sono nell’ispirazione, la chiave è nella visione, l’azione è nella ricombinazione di conoscenze e l’eventuale successo è nella verifica.
Gli specialisti di successo, in prospettiva, sono quelli che sanno collaborare con specialisti di altre discipline: quindi sanno parlare diverse lingue, vedere diversi punti di vista, connettere diversi puntini…
Del resto, l’innovazione stessa è un percorso che conduce oltre i limiti del possibile.
E ci vuole il coraggio di tirarne le conseguenze.
22/07/2013 Luca De Biase
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