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Utilizzo dei microrganismi EM in agricoltura


Coltivare in modo sostenibile significa promuovere la biodiversità, tutelare l’ambiente, prediligere le  produzioni locali,  garantire il  rispetto dei  diritti  umani  dei lavoratori,  tutelare le  comunità e assicurare la sostenibilità  economica  del sistema  agricolo  senza dimenticare  i piccoli  produttori.



 L’agricoltura sostenibile, dunque, investe non solo l’aspetto ecologico, ma anche quello economico e sociale.
Una delle soluzioni adottate per arginare gli impatti ambientali delle moderne produzioni agricole  è  il  ritorno  ai  tradizionali  metodi  di  coltivazione  del  passato,  come,  ad  esempio, l’agricoltura biologica o quella conservativa.
Allo stesso tempo, l’incontro tra saperi tradizionali e nuove filosofie, in un’ottica sostenibile, ha dato vita a nuove tecniche come l’agricoltura integrata e l’agricoltura biodinamica.(Notarnicola et al., 2012).

L’agricoltura biologica quindi non è un sistema innovativo.
Prima dell’invenzione dei pesticidi  e dei fertilizzanti  chimici era l’unica tipologia di coltivazione utilizzata al mondo. In molte aree del mondo in cui la “rivoluzione verde” degli anni ’60 non è arrivata, ancora oggi si coltiva in modo del tutto biologico.
Basti pensare che l’80% dei coltivatori dei Paesi in via di sviluppo non dovrebbero cambiare in alcun modo i loro  sistemi di produzione se decidessero di essere certificati “biologici”. 
Oltre che in queste realtà, che producono biologico senza certificazione, l’agricoltura biologica a livello mondiale è praticata in oltre 120 nazioni.
L’agricoltura biologica è un metodo di produzione definito e disciplinato a livello comunitario dal regolamento (CE) 834/2007 del Consiglio che disciplina la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici e dal regolamento (CE) 889/2008 della Commissione, recante le modalità di applicazione del regolamento 834/2007.
A livello nazionale la normativa comunitaria è stata recepita con il D.M.
n° 18354 del 27/11/2009. Il metodo di produzione biologico rispetta l’ambiente perché non ricorre a prodotti chimici di sintesi, come pesticidi e fertilizzanti, bensì usa prodotti di origine naturale contro i parassiti (eccezione per rame e zolfo, estratti di piante e concimi naturali per fertilizzare il terreno).
I prodotti dell’agricoltura biologica non sono, però, totalmente privi di residui di prodotti chimici di sintesi  a  causa della  presenza nel suolo  e nelle  acque di  inquinanti provenienti  dai campi  dove queste sostanze vengono utilizzate.  Inoltre, l’uso di elementi presenti in natura, come il rame e i concimi,  non  esclude  che  vi  sia  danno  per  l’ambiente,  ma  almeno  garantisce  che  le  sostanze introdotte siano riconosciute dai microrganismi indigeni e biodegradate nel tempo: in natura, infatti, praticamente tutte le sostanze possono provocare un danno ad organismi viventi, ma quello  che
permette di identificare una sostanza come tossica è la quantità che provoca effetti dannosi in un dato ambiente (Weil, 1990).

La sostenibilità nell’ortoflorovivaismo 
Anche  nell’ortoflorovivaismo  ci  sono  numerose possibilità  per  passare  a  sistemi di  produzione sostenibili, di seguito ne illustro alcune: 
1) metodi preventivi per la difesa biologica e la stimolazione delle piante;
2)  utilizzo  di  microrganismi  antagonisti  e  zeolititi  (nel  substrato  o  micronizzate  sull’apparato fogliare) per il controllo degli stress di tipo biotico e abiotico;
2) metodi non convenzionali per il controllo della flora infestante;
3) individuazione di miscele alternative costituite da scarti verdi compostati; 
4)  zeolititi, humus  di lombrico, che  possano ridurre  l’utilizzo di  substrati  convenzionali (torba, perlite, pomice ecc.) e garantiscano una riduzione dell’uso dell’acqua e delle concimazioni.

La difesa biologica
I motivi per applicare la difesa biologica nell’ortoflorovivaismo sono diversi:
– pochi principi attivi registrati sulle piante ornamentali, in orticoltura e frutticoltura: non è quindi più possibile alternare i principi attivi; 
- aumentano i rischi dell’insorgere di fenomeni di resistenza (capacità di una popolazione di sopravvivere al trattamento con un prodotto chimico che è stato letale per le generazioni precedenti); 
– molti principi attivi chimici hanno perso la loro efficacia;
– i nuovi principi attivi chimici non sono ancora ben sperimentati sulle colture ornamentali (nuove cultivar), aumento del rischio di fitotossicità (azione dannosa del fitofarmaco sulla pianta, solventi, coadiuvanti rappresentano dal 30 al 98% del prodotto commerciale);
– tutela e sicurezza della salute dell’operatore;
– riduzione dell’inquinamento ambientale;
– applicando sistemi di coltivazione biologica si possono ridurre in maniera significativa i fenomeni di fitotossicità e di resistenza degli insetti.

I microrganismi simbionti e la loro relazione con le piante
Tramite la fotosintesi le piante producono sostanze zuccheri, amminoacidi, vitamine e nucleotidi, molecole  generalmente utilizzate  per l’accrescimento  o come  fonte di  riserva.
Gran  parte delle sostanze pero’ viene rilasciata nella rizosfera sotto forma di essudati radicali.
La radice tramite dei trasportatori posti sulle cellule più superficiali assorbe sostanze come azoto, fosforo e zolfo, ma in terreni poveri di nutrienti dove la competizione per le risorse è agguerrita, l’assorbimento radicale può non bastare e diventare costoso in termini energetici.
Entrano allora in gioco le ife fungine più efficienti nell’assorbimento e  in grado di esplorare una  maggiore superficie di suolo.
Il rapporto reciproco con il fungo simbionte è una strategia per migliorare le rese limitando i fertilizzanti nel rispetto  della biodiversità  del suolo.
Dati  su pomodoro  confermano che  una  pianta micorrizata cresce più in fretta e produce più frutti, altri dati su diverse piante frutticole e ornamentali (olivo, melo, pesco, pero, impatiens, vite, oleandro, geranio, surfinia, camelia, limonium, cipresso, (Prisa, 2014-2016) dimostrano un incremento del tenore in minerali, composti aromatici e antiossidanti).
La  presenza  di  un  microbiota  utile  svolge  inoltre  una  protezione  di  difesa,  tramite  composti difensivi che  vengono liberati come ad  esempio il (2,4-diacetilfloroglucinolo) prodotto da alcuni ceppi di Pseudomonas.
Le difese nella pianta vengono generalmente attivate da alcune molecole che i funghi micorrizici e i batteri benefici hanno in comune con potenziali nemici, come chitina e peptidoglicani che mettono in moto il sistema immunitario radicale, fino a quando determinati meccanismi e molecole segnale non permettono di riconoscere l’intruso come benefico.
Questa sorta di allarme o  meglio ancora  di vaccino permette poi alla pianta di reagire meglio ai successivi  attacchi  sia  a  livello  radicale, ma  anche  sistemico,  contro  funghi  patogeni  o  insetti parassiti  delle  foglie.
Le  molecole  maggiormente  coinvolte  sono  l’acido  salicilico,  l’acido
jasmonico e l’etilene.
Alcune molecole come il benzossazionone (DIMBOA) presente negli essudati radicali dei cereali funzionano sia come antimicrobico, ma attirano anche ceppi di Pseudomonas.
L’acido salicilico su Arabidopsis sembra attirare alcuni ceppi di  (Flavobacterium e Terracoccus).
La percezione della pianta da parte del fungo avviene tramite dei composti contenuti negli essudati radicali, tra cui monomeri di cutina.


I microrganismi EM

I microrganismi  sono presenti  in ogni angolo  del  globo terrestre e senza  di loro  gran parte dei processi  vitali  resterebbero  bloccati;  riescono  a  colonizzare  ambienti  estremi,  permettendo  la trasformazione e il risanamento di gran parte dei materiali di scarto. 
Costituiscono il 15% del nostro peso corporeo e con 1000 specie di microrganismi che colonizzano il  nostro  intestino riusciamo  a  digerire  e  assimilare le  componenti  nutritive.
Contribuiscono  in maniera importante alla nostra salute e a rendere l’aria respirabile.
Se il nostro pianeta è verde lo dobbiamo in gran parte a loro.
La metagenomica inizia ad approfondire gli studi su intere comunità
di  microbi  aprendo  opportunità  straordinarie  per  medicina,  controllo  del  clima,  agricoltura  e produzione di energia.

La tecnologia EM è stata sviluppata per la prima volta nel 1970 (Higa, 2012).
Gli EM comprendono una  selezione  di  colture  vive  di  microrganismi  isolate  in  natura  dai  suoli  (Mohan,  2008);  i microrganismi  EM  (studiati  in  vari  campi  ambientali  dal  Dr.  Prisa  a  partire  dal  2008,  con l’individuazione di tutti i ceppi  presenti nella selezione e con il conseguimento di diversi premi
nazionali e internazionali per la loro applicazione) includono 83 ceppi
La  principale  attività  degli  EM  è  quella  di  incrementare  la  biodiversità  del  suolo.
I  batteri fotosintetici che fanno parte degli EM in  sinergia con  altri microrganismi  aumentano le sostanze energetiche a disposizione delle piante e riducono gli stress (Condor et al., 2007).
L’interazione dei microrganismi  EM con  il sistema  pianta-suolo sopprime  i patogeni  delle piante  e gli  agenti  di malattia, solubilizza  le sostanze  minerali del  terreno, incrementa  l’energia, mantiene l’equilibrio della  flora  microbica  del  suolo,  incrementa  l’efficienza  fotosintetica  e  la  fissazione  dell’azoto
(Subadiyasa,  1997).
Diversi  esperimenti  mostrano  risultati  significativi  per  quanto  riguarda  la
germinazione dei semi e  la vigoria di piante di pomodoro (Siqueira et.  al., 2012).
Alcuni autori  hanno inoltre evidenziato l’incremento significativo della crescita in campo di piante di pomodoro (Marambe,  Sangakkara,  1996;  Zaenudin,  1993;  Xu  et  al.,  2001).
L’inoculazione  con  gli  EM determina  un  aumento  dei  livelli  fotosintetici  nelle  piante  con  un  conseguente  anticipo  delle fruttificazioni (Xu et al., 2001; Ncube et al., 2011) e dell’altezza delle piante (Idris et al., 2008).
L’utilizzo degli EM in coltivazione innalza la concentrazione di vitamina C  nei frutti (Xu,  et al. 2001) e  il contenuto  di  zuccheri,  proteine e  aminoacidi (Kim  et al.,  2013).
Gli  EM aumentano inoltre il contenuto di azoto nelle foglie (Ncube et al., 2011).
I maggiori vantaggi che si riscontrano in seguito alla colonizzazione delle radici da parte dei microrganismi EM sono:
- la promozione della crescita vegetale ed una maggiore tolleranza agli stress idrici;
- la maggiore mobilizzazione ed assorbimento di nutrienti, specialmente il fosforo;
- la disponibilità di minerali normalmente insolubili;
- la modificazione dell’interazione pianta-patogeno, dal momento che viene influenzata negativamente la colonizzazione della radice da parte di patogeni terricoli come nematodi, funghi e batteri fitopatogeni. 
Questo benefico effetto di protezione dai patogeni terricoli può essere conseguenza dell’alterazione degli essudati  radicali, o attraverso la  creazione di una barriera  fisica vera e propria  attorno alla radice.
L’utilizzo  dei  microrganismi  EM  può  garantire  un  incremento  della  fertilità  del  suolo  e  un riequilibrio della fauna microbica, che risulta importantissima ai fini dell’assorbimento di nutrienti e di  acqua  da  parte  delle  piante.
Protocolli  innovativi  che  prevedono  l’utilizzo  in  sinergia  di microrganismi EM  e film protettivi come il  caolino e la  chabasite micronizzata, possono ridurre l’utilizzo di prodotti chimici in maniera sensibile (ad esempio su vite e olivo), ottenendo allo stesso tempo ottima qualità del prodotto, riduzione dell’incidenza di malattie (botrite, peronospora, oidio), velocità d’intervento e sicuramente meno effetti pericolosi sulla salute dell’uomo e dell’ambiente.
Gli EM sono ceppi normalmente  presenti nei  suoli, non  sono OGM  e la  loro azione  non causa fenomeni di resistenza come invece avviene con i prodotti di tipo chimico.
Bisogna poi considerare gli effetti che le molecole chimiche possono avere sugli insetti utili come le api.
Ogni anno ne vengono introdotte di nuove o vengono aumentate le quantità di quelli già in uso, per contrapporsi al fenomeno della resistenza dei patogeni. Non essendo selettive queste sostanze vanno a  creare dei problemi anche alle  api, insetti importantissimi per l’impollinazione  di molte colture industriali,  che  negli ultimi  anni stanno  morendo in  maniera inesorabile  o non sono più
produttive come una volta.
Tutto ciò, può essere dovuto all’azione diretta della molecola chimica sull’ape che la uccide, o sulla riduzione significativa di microrganismi utili (lieviti e lattobacilli), sterminati con gli antiparassitari, che sono importanti per l’ equilibrio intestinale e immunitario di questi insetti. (Prisa, 2016).
I microrganismi EM poi possono essere importanti nell’incremento in vite, di sostanze antiossidanti come il resveratrolo (le piante infatti dopo il trattamento con i microrganismi), mettono in atto una serie di strategie di difesa che prevedono l’incremento di metaboliti secondari e antiossidanti, che
spesso si ritrovano nel vino (Fig.1).
Numerose sono le esperienze di coltivatori che parlano inoltre, di  una  maggiore  chiarificazione  del  vino,  di  un  incremento  delle  note  gustative,  e  di  un prolungamento della shelf-life.
Stessa cosa in olivo, dove è stato notato un incremento dei parametri
agronomici, della  resa produttiva  e dei polifenoli  (Fig.3).
Sulle aromatiche  un incremento dello sviluppo nelle piante trattate e del numero di fiori, mentre sulle ortive una miglior germinazione e riduzione del ciclo di coltivazione .

Dr. Domenico Prisa 

Dottore in Biotecnologie Agro-Industriali spec. Vegetali e Microbiche 
P.H.D. in Crops Science Production alla Scuola Superiore S.Anna di Pisa
e-mail: domenico.prisa@gmail.com 
tel: 339 1062935

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