di Beppe Grillo
In questi giorni leggo commenti molto feroci sui giornali dove architetti, ingegneri, urbanisti (oltre che giornalisti che ieri si occupavano di tutt'altro) si schierano contro la scelta di abbattere la volumetria, come una visione miope e profondamente sbagliata della nuova architettura ed urbanistica di Roma ed in generale dell'Italia.
Nella foga del risultato forse sono stati citati solo numeri legati ai metri cubi tagliati ed alla qualità energetica ottenuta. Forse è giusto fare chiarezza: il programma del Movimento ha una visione forse più ampia di quanto possiate comprendere. Mi rendo conto che le critiche accademiche (che parlano solo nell'emergenza), hanno taciuto decisamente di fronte a quello che le città italiane sono diventate negli anni passati: luoghi ingestibili, dove le speculazioni edilizie hanno creato interi quartieri, intere conurbazioni senza servizi (altro che oneri!!) e che ora le amministrazioni devono gestire, mantenere, strutturare, migliorare e rendere vivibili ed accessibili.
Pregherei i saccenti urbanisti, ingegneri ed architetti, qualora qualificati, ad agire nel loro mondo, migliorando la qualità della vita di tutti e poi ad esprimersi su una politica che cerca la sua strada per aprire una visione innovativa di città, una visione condivisa e sostenibile per lo sviluppo umano.
Certamente nella visione del futuro delle città e del paesaggio c'è anche la qualità architettonica, la bellezza, l'integrazione, la presenza di verde utilizzabile, di terra coltivabile, di occasioni per creare lavoro, cultura, partecipazione, servizi pubblici che sono a misura d'uomo ed ad una urbanistica partecipata che parla con la città e del paesaggio.
Il consumo di suolo per generare oneri e servizi non può essere il motore continuo di sviluppo. Quanto potrà durare consumare il territorio per avere vani che rischiano di rimanere vuoti o che non danno qualità a quartieri da riqualificare? Ora un'area verde diviene un'area strutturata con uno stadio. E' chiaro che siamo di fronte a qualcosa di importante che ci siano trovati a dover gestire nel modo più coerente con quello che pensiamo da anni e su cui pochi ci seguono. E stata una grossa responsabilità. Ora il Movimento sta crescendo anche nella gestione di progetti complessi su cui la responsabilità va posta. E' chiaro che io posso preferire un prato con le rane ad un grattacielo o ad uno stadio.
La visione futura più sensata in uno Stato che non riesce neppure a tenere puliti i bagni pubblici, che non sa parlare di energia se non per propaganda, che non ha la capacità gestionale di un territorio complesso, che non riesce a gestire appalti perchè corrotti etc etc, è di iniziare a controllare, a fare un passetto indietro per andare avanti meglio, con più sicurezza. Il futuro non è il consumo ma è il recupero di spazi dismessi e magari già perfettamente serviti, il riuso di cose ed edifici, l'economia circolare, la bellezza, la condivisione, l'autosufficienza energetica, l'ecologia e la cultura della partecipazione, la rigenerazione dei quartieri. Questo per parlare delle città, ma tutto il territorio italiano va recuperato e salvato dall'abbandono e dall'incuria. La ri abitazione ed il lavoro per tutti sono la vera finalità del nostro progetto.
Poi perché la verticalità deve essere sempre sinonimo di qualità? Chi lo dice? Esistono esempi di interi quartieri (in europa e quindi visitabili da tutti voi) che si sviluppano in orizzontale senza smania di verticalità, che a fronte sello sviluppo orizzontale aumentano la qualità della vita il rapporto con l'uomo e migliorano l'impatto ambientale. Il quartiere di Kronsberg ad Hannover è un ottimo esempio di progetto condiviso con progettisti, psicologi, esperti di partecipazione, cittadini, sociologi e non ultimi i costruttori, dove alla altissima qualità energetica si accostano servizi, collegamenti, cultura, bellezza del paesaggio, qualità ambientale ed autosufficienza energetica. Ed è un quartiere da 16000 abitanti in espansione con investimenti privati che si attestano oramai quasi solo su edifici in standard passivo. Altri esempi sono i quartieri Vauban e Riesenfeld a Fribugo, il quartiere Reinberg a Vienna e molti, molti altri ancora vecchi di oltre trenta anni, che possono dare una visione di città diversa da quelli che guardano solo alle torri come bene assoluto. In Italia un bell'esempio è il nuovo quartiere di Trento con il suo museo delle scienze, di Renzo Piano, che non ha certo necessità di torri per essere goduto e visitato.
E, per inciso, non è così semplice rendere sostenibile un grattacielo.
Il controllo sulle cose fatte, sui progetti e sulle realizzazioni che rispecchino le attese e le promesse, è anche questo un tema che vogliamo portare avanti. Per dimostrare che le parole stanno a zero.
Il pensiero sistemico e il futuro delle città
Approfondimento di Augusto Anselmo , liberamente tratto da :
Agenzie, dipartimenti ed organizzazioni separate si specializzano in energia, terreno, cibo, aria, acqua, natura selvaggia, economia, finanza, regolamenti edilizi, politiche urbane, tecnologia, salute e trasporti – come se ognuno di questi temi non fosse collegato agli altri. Così, un'agenzia spinge forte per far crescere l'economia mentre un'altra è incaricata di ripulire il pasticcio risultante e così via, vale a dire che la mano sinistra e la mano destre raramente sanno – o si interessano a – ciò che sta facendo l'altra. I risultati sono spesso controproducenti, eccessivamente costosi, rischiosi, a volte disastrosi e quasi sempre ironici. La modellazione sistemica, per esempio, ci ha permesso di prevedere e capire la catastrofe incombente del cambiamento climatico rapido, mentre i fallimenti sistemici nel governo, nelle politiche e nell'economia hanno finora paralizzato la nostra capacità di fare qualcosa per questo. La teoria dei sistemi, in breve, deve ancora avere il suo momento copernicano e le ragioni sono ironicamente incorporate nella rivoluzione scientifica stessa.
L'edilizia ecologica è un'altra fonte di istruzione pratica sui sistemi. Fino all'avvento del movimento dell'edilizia verde, il processo avveniva in serie: gli architetti facevano il progetto di base e passavano i progetti agli ingegneri per scaldarlo, raffreddarlo, illuminarlo e sigillarlo. Questi, a loro volta, li passavano ai paesaggisti per far sì che sembrassero appartenere al luogo in cui la casualità dei prezzi dell'edilizia e spesso la cattiva pianificazione li avevano fatti cadere. Gli incentivi – finanziari, legali e di reputazione – richiedevano che la struttura fosse sovra-riscaldata, sovra-raffreddata e costruita in modo eccessivo – quindi eccessivamente costosa. Gran parte del profitto veniva fatto sull'eccessiva ridondanza, un po' come fare sedie con 8 gambe quando il carpentiere viene pagato per ogni gamba in più.
La sfida, quindi, è quella di far transitare la complessità urbana costruita su un modello industriale e progettata per automobili, espansione e crescita economica verso luoghi coerenti, civili e duraturi. I governi urbani sono stati posti sotto stress in un mondo con più persone, più “cose” ed aspettative più alte – il tutto che si muove a velocità sempre maggiore. Nelle parole di Peter Senge, “la specie umana ha la capacità di creare di gran lunga più informazioni di quante chiunque ne possa assorbire, di favorire un'interdipendenza di gran lunga maggiore di quella che chiunque possa gestire e di accelerare il cambiamento in modo di gran lunga più veloce della capacità di chiunque di tenere il passo”. Ai gestori dei sistemi urbani è richiesta la capacità di passare “dal vedere parti al vedere gli interi, dal vedere le persone come indifesi e reattivi al vederle come partecipanti attivi nel plasmare la loro realtà, dal reagire al presente al creare il futuro”. Tutto questo è più facile a dirsi che a farsi.
Una prospettiva sistemica alla gestione urbana è una lente attraverso la quale possiamo vedere più chiaramente nella nebbia del cambiamento e gestire potenzialmente meglio le complesse relazioni di causa-effetto fra i fenomeni sociali ed ecologici. Ciò aiuterebbe a compensare la nostra cronica incapacità di prevedere le conseguenze del nostro comportamento. La conoscenza della struttura del sistema e delle regole operative potrebbe aiutare a migliorare la resilienza in un modo che si scalda rapidamente disseminato di eventi di “cigno nero” e forse a prevedere conseguenze contro-intuitive che arriverebbero altrimenti come sorprese. L'applicazione dell'analisi sistemica non è una panacea, ma offre almeno sei possibilità di migliorare la gestione urbana.
Uno sguardo al futuro
L'obbiettivo dell'analisi sistemica e dell'apprendimento organizzativo non è solo di trovare un modo più intelligente perché le città ed altre organizzazioni facciano quello che hanno sempre fatto. Si tratta piuttosto di uno strumento per aiutare a riesaminare gli scopi e le prestazioni relative a circostanze complesse e in rapido cambiamento.
Dobbiamo fornire noi la compassione e il buon giudizio e interessarsi a sufficienza da voler sapere le conseguenze delle nostre azioni. Inoltre, non c'è niente di nuovo nel pensiero sistemico al di là del più alto livello di precisione e del potere analitico intrinseco della sofisticata modellazione computerizzata.
Ad ogni livello, tuttavia, si tratta solo di uno strumento per chiarire le conseguenze delle nostre azioni, identificare le nostre opzioni e estendere un po' la nostra capacità di previsione. E non si tratta di piccoli vantaggi.
Commenti
Posta un commento