
Banca d’Italia rappresenta un’immagine
romantica che serbiamo nella mente, che oggi è stata letteralmente fusa
all’interno di un blocco granitico che si chiama Eurosistema, fatto di
BCE, ex banche centrali nazionali e banche commerciali, tutti soggetti
privati e/o regolati dal diritto internazionale, e legati da un
intreccio inestricabile di partecipazioni incrociate. Peraltro, il
decreto Imu-Bankitalia ha chiuso ogni speranza al dibattito sulla
proprietà di banca d’Italia, consentendo alle banche private che ne sono
proprietarie una rivalutazione della propria quota capitale che
equivale alla distribuzione di dividendi, il che sancisce
inequivocabilmente un accorpamento dell’ex banca centrale in seno al
blocco euro-bancario.
Di fronte a questa (triste) evidenza, si dimentica spesso che la Cassa Depositi e Prestiti è invece posseduta all’82% dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze (MEF) ed è paragonabile ad una banca pubblica, sebbene
non impiegata pienamente come tale. Dunque, la banca pubblica dalla
quale partire esiste già…
CREDITO ALLE IMPRESE E POLITICA INDUSTRIALE
Ma supponiamo che Banca d’Italia ci
venisse regalata…Essa, nella situazione attuale, sarebbe comunque
inutilizzabile per fare politica monetaria e industriale. Non ha alcun
legame con il mondo industriale, non possiede industrie né può fare
credito ad alcun tipo di impresa che non sia bancaria, ed è
semplicemente una stanza di compensazione per i trasferimenti di fondi e
titoli tra banche commerciali italiane e banche dell’Eurozona inclusa
la BCE.
Invece, la Cassa Depositi e Prestiti è oggi il principale strumento di credito alle piccole e medie imprese, con oltre €100 miliardi di finanziamenti prestati a fine 2016, e possiede importantissime partecipazioni industriali e strategichecome
Posteitaliane, Eni, Saipem, Acciaitalia, Ansaldo, Fincantieri, e tutta
una serie di altre imprese strategiche che potrebbero diventare un nuovo
braccio operativo per il governo dell’economia, esattamente ciò di cui
abbiamo disperatamente bisogno.
ORO E DIVISE
Veniamo alla questione del fatidico oro e
del patrimonio netto della banca d’Italia, equivoco principale ed
elemento emotivo della questione: ai valori del 2016, il valore di
mercato dell’oro e delle valute estere posseduti da Banca d’Italia
ammontava a €86,5 miliardi a fronte di un patrimonio
netto di €28 miliardi, più o meno quanto era, ai valori di allora, nel
1999, prima dell’entrata dell’Euro. Cosa ci dice questo? Che la Banca
d’Italia che molti hanno in mente e soprattutto nel cuore è cessata di
esistere nel 1999, anno al quale sono state congelate le proprie
riserve, cioè le “armi” che in quei tempi le consentivano di svolgere le
proprie funzioni. Nel frattempo, in quasi 20 anni, le altre banche
centrali si sono sviluppate e si sono dotate di riserve gigantesche: Nel
2016 la Banca Centrale Giapponese ha riportato attivi per oltre $12.000 miliardi mentre la BCE per $8.000!
Messo a fuoco il problema numerico? Volendo stare nella stanza dei
bottoni delle grandi banche centrali mondiali, oggi Banca d’Italia
potrebbe al più servire ai tavoli, non certo giocare alcuna partita!
VERSO CHI SONO INDEBITATE?
Ma non basta. Da dove proviene la
raccolta fondi della Banca d’Italia? In gran parte da debiti verso le
altre banche dell’Eurozona e da organismi internazionali, tant’è che la
banca riporta un gigantesco debito di €355 miliardi verso banche non italiane, che rappresenta il cosiddetto “Target 2” (vedi mio articolo: “le banche paghino il target 2“).
La Cassa Depositi e Prestiti, al contrario, è finanziata dai cittadini
italiani, e raccoglie ben €300 miliardi dai risparmiatori soprattutto
attraverso il risparmio postale. Per chi non ha ancora afferrato a chi
appartiene Banca d’Italia sul piano giuridico, dovrebbe schiarirsi le
idee guardando ai suoi debiti: Banca d’Italia è pesantemente indebitata
verso il sistema bancario Europeo (neanche italiano, basti pensare chi
possiede le banche italiane che possiedono Banca d’Italia…), quindi ne è
strumento funzionale, mentre la Cassa Depositi e Prestiti è a tutti gli
effetti, anche dal punto di vista del debito, una banca degli italiani.
E qui si apre una grande chance: data la
quasi totale assenza di debito verso l’estero, la Cassa Depositi e
Prestiti, se usata pienamente come banca pubblica, potrebbe accedere ai
finanziamenti della BCE a tasso zero, secondo l’art. 123 del TUE: “il
divieto di scoperto bancario e di altre forme di facilitazione
creditizia in favore dei governi non si applicano agli enti creditizi di
proprietà pubblica che…devono ricevere … dalla Banca centrale europea
lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Lo fanno già
la Kfw tedesca, banca pubblica posseduta dalle regioni e dal Governo
Federale, che raccoglie circa il 20% del debito pubblico federale
tedesco a tassi zero, e la BPI francese, posseduta dal Governo,
anch’essa attiva sulla raccolta internazionale a tassi vicini allo zero.
Per approfondimento si veda il mio articolo “Una banca pubblica per rilanciare l’economia“.
UNA NUOVA MONETA INTERNA
Qualcuno si chiederà: e se volessimo
emettere una nuova moneta interna? Domanda legittima, quanto semplice da
rispondere. Qualsiasi strumento si decidesse di emettere con una
ipotetica nuova Banca d’Italia, strappata all’Eurosistema (come?),
ricapitalizzata (con cosa?) e rilanciata come soggetto di politica
monetaria nei club finanziaria internazionali (…) si potrebbe egualmente
emetterlo attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Così è per le
principali proposte di moneta parallela o complementare delle quali si
sta discutendo: i certificati di credito fiscale ed i Minibot, entrambe
buone idee, e totalmente gestibili dalla Cassa Depositi e Prestiti,
ristrutturata come banca pubblica a tutti gli effetti.
Sarà forse anche per questo che Padoan
sta facendo del tutto per cedere quote della Cassa Depositi e Prestiti,
distruggendo l’ultimo baluardo che potrebbe consentirci di ricostruire
le basi per l’esercizio della sovranità monetaria ed industriale … (vedi
il mio articolo: “La Cassa Depositi e Prestititi sotto attacco: partono le privatizzazioni“). Ho detto “le basi” perchè naturalmente la storia inizia da qui, ma evidentemente ammette diversi scenari…
C’è solo una strategia pragmatica dalla
quale partire oggi: rilanciare la Cassa Depositi e Prestiti su tre piani
strategici paralleli: come istituto di credito alle imprese, come strumento di politica industriale nel Paese e come piattaforma di gestione di una nuova moneta domestica complementare. Pensare tutto questo in seno alla Banca d’Italia, nelle condizioni di oggi, è pura utopia.
E’ certamente un punto di partenza, ma imprescindibile se si vuole restare con i piedi saldi a terra.
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