IL CONTESTO
Dopo l’entrata in vigore del Protocollo
di Kyoto (2005) e del Piano d’Azione di Bali (2007), l’Europa è stata la
prima a dare l’esempio su scala mondiale, mettendo in campo una
strategia capace di incidere in maniera concreta sulle emissioni di
anidride carbonica (CO2), causa principale di quel riscaldamento globale
da scongiurare ad ogni costo. Nel marzo 2007, infatti, il Consiglio
Europeo ha deciso autonomamente che i paesi dell’Unione avrebbero dovuto
avviare azioni di abbattimento delle emissioni climalteranti per almeno
il 20% entro il 2020, rispetto ai valori registrati nel 1990. Pertanto,
l’anno seguente ha adottato il pacchetto di proposte “Climate action
and renewable energy package”, ponendosi i seguenti obiettivi specifici:
- ridurre le proprie emissioni di CO2 di almento il 20%;
- ridurre i consumi del 20% rispetto le previsioni per il 2020;
- aumentare la quota di utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (FER), giungendo al 20% sul totale del consumo interno lordo dell’UE;
- raggiungere il 10% di biocarburanti nel consumo finale di energia nel settore trasporti.
Tale pacchetto legislativo, comunemente definito “20-20-20″, è poi divenuto formalmente vincolante per gli Stati Membri con la Direttiva 2009/28/CE,
che oltre a ribadire i target precedentemente citati, ha lo scopo di
fornire certezze agli investitori e incoraggiare lo sviluppo tecnologico
per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
IL PATTO DEI SINDACI
La Commissione Europea si rese conto
che gli obiettivi che si era posta con il pacchetto “20-20-20″ erano
così ambiziosi che non era pensabile che essi venissero raggiunti senza
un coinvolgimento attivo delle Amministrazioni Locali e della
cittadinanza allargata, ovvero senza una partecipazione sentita e
diretta dei portatori di interesse (stakeholders) e del tessuto
decisionale (desion maker). Occorreva pertanto intervenire a livello
locale per incidere in maniera efficace, riuscendo così a ridurre la
dipendenza da combustibili tradizionali, promuovendo una maggiore
consapevolezza nell’uso dell’energia, implementando meccanismi di
efficienza energetica e diffondendo tecnologie basate su fonti
rinnovabili.
L’Europa decise così di inserire una
serie di strumenti tesi ad incentivare, agevolare e finanziare
iniziative capaci di centrare i targets sopracitati. Tra questi vi è il Patto dei Sindaci (Covenant
of Mayors), lanciato nel 2008 in occasione della Settimana Europea
dell’Energia Sostenibile (EUSEW), definito come un meccanismo di
adesione volontaria attraverso il quale gli enti locali aderenti si
impegnano a ridurre le immissioni di CO2 in atmosfera di almeno il 20%,
sull’intera area geografica di competenza. L’orizzonte temporale entro
cui raggiungere l’obiettivo è il 2020 ed i valori di riduzione vanno
stimati rispetto ad un anno base (baseline) individuato nel 2005 (o nel
1990 lì dove si hanno a disposizione i dati).
L’iniziativa ha avuto un successo incredibile in termini di adesione, soprattutto in Italia se si pensa che dei 4.634 firmatari (dato
gennaio 2013) ben 2.300 sono italiani (un comune su 4 ha sottoscritto
il patto, con oltre il 47% della popolazione nazionale coinvolta). La
semplice adesione però non basta in quanto in seguito ad essa
l’Amministrazione si impegna ad attuare una serie di azioni:
- elaborare un Inventario Base delle Emissioni (IBE)
che stimi i consumi e le relative emissioni di CO2 sul territorio nei
settori: residenziale, trasporti, pubblica amministrazione, pubblica
illuminazione, terziario. Non sono obbligatori i settori industria e
agricoltura;
- elaborare, entro l’anno successivo l’adesione, un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) con il quale si individuano gli obiettivi di riduzione e definiscono strategia e azioni per raggiungerli;
- prevedere il monitoraggio e l’adeguamento delle strutture amministrative per dare seguito e concretezza alle strategie;
- coinvolgere tutte le categorie di portatori di interesse.
VANTAGGI TANGIBILI E INTANGIBILI
Per un governo cittadino, instaurare una
green economy locale all’interno del proprio territorio rappresenta,
indubbiamente, una scelta vincente e allo stesso tempo lungimirante.
L’Amministrazione che decide di intervenire in settori strategici come
quelli legati all’ambiente, alle energie rinnovabili e alla mobilità
sostenibile, sceglie di mettere in moto un meccanismo capace di portare opportunità concrete e vantaggi in termine di immagine al
proprio tessuto imprenditoriale e commerciale, nonché a se stessa.
L’Europa ha, infatti, deciso di puntare ancora di più sull’ambiente ed i
finanziamenti e gli incentivi che metterà a disposizione – a cui
seguiranno iniziative simili nazionali e regionali - saranno per buona
parte riservati ad Enti Locali che hanno attivi strumenti di governance
territoriale in materia, come il PAES, o a imprese e associazioni
collocate in contesti territoriali che hanno mostrato di essere
sensibili alle tematiche “green”. Oltre a ciò, la green economy
rappresenta una soluzione per affrontare la crisi occupazionale che attanaglia il nostro paese ed in particolare i giovani. A confermarlo è il Rapporto Greenitaly 2012 di
Unioncamere e Fondazione Symbola che afferma come il 30% delle nuove
assunzioni complessive, programmate dalle imprese industriali e dei
servizi lo scorso anno, ha riguardato professioni legate alla green
economy.
Parlando di assets meno tangibili, ma altrettanto determinanti, il Patto dei Sindaci rappresenta uno strumento di democraticità unico
nel suo genere, in quanto prevede la partecipazione ed il
coinvolgimento di differenti categorie di portatori di interesse: dal
semplice cittadino, fino al politico o al dirigente in carica, passando
per il tessuto imprenditoriale e associativo del territorio. Si riesce a
creare una vera e propria governance multilivello che fa sentire tutti
parte del processo di cambiamento, sviluppando coscienze più consapevoli
rispetto alle tematiche ambientali e, inevitabilmente, portando
consensi e vantaggio competitivo per coloro che si rendono protagonisti
di queste scelte.
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