L’Italia è un Robin Hood al contrario: toglie ai poveri per dare ai ricchi.
Milioni di persone, infatti, pagano contributi previdenziali senza raggiungere il minimo per la pensione.
Sono precari, parasubordinati, liberi professionisti non iscritti a un Ordine professionale, donne che hanno lasciato il lavoro.
Gran parte dei loro contributi previdenziali vengono versati all’Inps a fondo perduto: se non si raggiunge il minimo richiesto dalla legge per maturare la pensione (il che accade sempre più spesso, dati i lunghi periodi di disoccupazione o lavoro nero), quei contributi saranno usati per pagare le pensioni di altri, ma non danno diritto ad averne una propria.
E anche quando si matura il minimo di contribuzione richiesto, la pensione ottenuta non supera i 400/500 euro dell’assegno sociale.
Siamo davanti ad un vero e proprio furto, grazie al quale si fanno pagare ad alcuni i costi delle pensioni – comprese quelle d’oro – di altre generazioni.
Infatti la Gestione separata dell’Inps, dove finiscono i versamenti, ogni anno incassa 8 miliardi di euro di contributi, ma eroga solo 300 milioni di euro di prestazioni!
I più danneggiati?
Giovani e precari, per i quali sarà difficile raggiungere 35 anni di contributi, ma anche tantissime donne di tutte le età che hanno potuto lavorare a intermittenza.
Il problema non è solo dei ventenni: l’età media dei circa di 2 milioni di iscritti alla gestione separata dell’Inps è infatti di 41 anni per gli uomini e 36 per le donne.
E dire che queste categorie pagano un’aliquota molto alta, quasi il 27% della retribuzione.
Non è un caso che gli esperti li chiamino “contributi silenti”, perché non hanno diritto nemmeno alla parola.
Una vera bomba pronta ad esplodere e che si preferisce tenere sotto terra.
Avete mai ascoltato un dibattito televisivo su come affrontare questa situazione drammatica?
Aspettando una riforma complessiva ed equa del sistema pensionistico, la soluzione non può che essere di giustizia: riconoscere ai lavoratori il diritto alla restituzione dei contributi “silenti”, ovvero dei contributi previdenziali versati che non abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico.
Tuttavia, dei modi per recuperare quanto versato, in attesa di una normativa più equa, esistono: alcuni di essi comportano degli oneri in capo al lavoratore, altri no.
Contributi silenti Inps: la ricongiunzione
Naturalmente, la prima modalità per recuperare gli anni di contributi consiste nel ricongiungerli alla gestione presso la quale matura la pensione: la ricongiunzione, tuttavia, è a titolo oneroso, e comporta degli esborsi piuttosto pesanti. I costi dell’operazione variano notevolmente a seconda dell’età e del sesso del richiedente, nonché del numero di anni da ricongiungere e della collocazione temporale dei periodi da recuperare.
Non è consentita per la Gestione Separata.
Contributi silenti Inps: la totalizzazione
Per recuperare i contributi silenti senza spese in capo al richiedente, si potrebbe allora utilizzare la totalizzazione, che è applicabile sia alla pensione di vecchiaia, che a quella d’anzianità (con requisiti differenti da quelli previsti dalla Legge Fornero): in questo caso, a meno che non si raggiunga il diritto ad un’autonoma pensione in una delle gestioni nella quale sono versati i contributi, il calcolo viene però effettuato col contributivo, in proporzione a quanto accreditato in ogni fondo o cassa.
Contributi silenti Inps: il cumulo, o totalizzazione retributiva
Questo è un nuovo istituto previsto dalla Legge di Stabilità 2013: è simile alla totalizzazione, ma permette di calcolare la quota di pensione maturata presso ciascuna gestione secondo le regole del fondo, e non obbligatoriamente col contributivo (saranno conteggiati con tale metodo, comunque, gli anni posteriori al 1996, per chi ha meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995, nonché, per tutti, gli anni dal 2002 in poi).
Tuttavia, il cumulo retributivo può essere utilizzato solo qualora non si maturi il trattamento di vecchiaia presso alcuna delle gestioni dove risultano versati i contributi; inoltre, non è consentito per la contribuzione accantonata presso le casse professionali e per la gestione separata.
Contributi silenti Inps: il cumulo per artigiani e commercianti.
In base ad una legge del 1990 , è possibile unire la contribuzione versata alla Gestione Inps artigiani e commercianti, con quanto versato presso il fondo dei lavoratori dipendenti. Il trattamento si otterrà sommando le due quote, calcolate separatamente sui contributi da lavoro dipendente e su quelli da artigiano/commerciante.
La pensione supplementare
Si tratta di un istituto che si può utilizzare per recuperare la contribuzione Inps accreditata nell’AGO (assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti ) , quando essa non è sufficiente a perfezionare una pensione autonoma : essa può essere richiesta da chi risulti titolare di una pensione a carico di un Fondo che sostituisce, esclude o esonera dall’AGO . Le circolari Inps in materia escludono esplicitamente i titolari di trattamenti a carico di Casse e Fondi per liberi professionisti, nonché gli appartenenti alla gestione separata.
Il riscatto di periodi lavorativi non coperti da contribuzione
Il recupero di vecchi rapporti di lavoro scoperti, qualora esistenti, può essere utile per unirli ai contributi silenti, ed ottenere così un’autonoma pensione di vecchiaia. L’alternativa è valida soprattutto se i periodi si collocano prima del 31.12.1992,poiché, raggiungendo 15 anni di contribuzione ante 1993, si può ottenere la pensione di vecchiaia con la Deroga Amato (stanti i requisiti d’età previsti dalla Riforma Fornero). Sarebbe, però, necessario provare la sussistenza del rapporto di lavoro, presentandosi all’Inps con documenti di data certa riferibili ai periodi lavorativi: inoltre, se il vecchio datore si rifiutasse di versare la contribuzione mancante, spetta al contribuente il pagamento dell’onere di riscatto, salvo la possibilità di far causa alla ditta per il danno subito. Giudizio che, va da sé, non sarebbe né semplice, data la distanza di tempo intercorsa, né immediato, viste le lungaggini giudiziarie italiane.
Ricordiamo che la Deroga Amato si può applicare anche a chi ha 15 anni di contribuzione e 10 anni di lavoro discontinui.
Il riscatto del ciclo di studi
Lo stesso ragionamento fatto per il recupero degli anni di lavoro scoperti, ovvero lo scopo di ottenere un’ulteriore trattamento, grazie al raggruppamento con i contributi silenti, vale ovviamente, per ogni tipo di riscatto.
Per quanto concerne il recupero dei periodi di studi, oltre agli anni del corso di laurea, è possibile riscattare, dal 12.07.1997, per gli iscritti all’Inps, attare anche i corsi di studi universitari sotto indicati [2]:
– Diploma universitario conseguito dopo un corso di durata tra 2 e 3 anni;
– Diploma di laurea conseguito dopo un corso almeno pari a 4 anni;
– Diploma di specializzazione conseguito dopo la laurea ed al termine di un corso di almeno 2 anni;
– Dottorato di ricerca.
Milioni di persone, infatti, pagano contributi previdenziali senza raggiungere il minimo per la pensione.
Sono precari, parasubordinati, liberi professionisti non iscritti a un Ordine professionale, donne che hanno lasciato il lavoro.
Gran parte dei loro contributi previdenziali vengono versati all’Inps a fondo perduto: se non si raggiunge il minimo richiesto dalla legge per maturare la pensione (il che accade sempre più spesso, dati i lunghi periodi di disoccupazione o lavoro nero), quei contributi saranno usati per pagare le pensioni di altri, ma non danno diritto ad averne una propria.
E anche quando si matura il minimo di contribuzione richiesto, la pensione ottenuta non supera i 400/500 euro dell’assegno sociale.
Siamo davanti ad un vero e proprio furto, grazie al quale si fanno pagare ad alcuni i costi delle pensioni – comprese quelle d’oro – di altre generazioni.
Infatti la Gestione separata dell’Inps, dove finiscono i versamenti, ogni anno incassa 8 miliardi di euro di contributi, ma eroga solo 300 milioni di euro di prestazioni!
I più danneggiati?
Giovani e precari, per i quali sarà difficile raggiungere 35 anni di contributi, ma anche tantissime donne di tutte le età che hanno potuto lavorare a intermittenza.
Il problema non è solo dei ventenni: l’età media dei circa di 2 milioni di iscritti alla gestione separata dell’Inps è infatti di 41 anni per gli uomini e 36 per le donne.
E dire che queste categorie pagano un’aliquota molto alta, quasi il 27% della retribuzione.
Non è un caso che gli esperti li chiamino “contributi silenti”, perché non hanno diritto nemmeno alla parola.
Una vera bomba pronta ad esplodere e che si preferisce tenere sotto terra.
Avete mai ascoltato un dibattito televisivo su come affrontare questa situazione drammatica?
Aspettando una riforma complessiva ed equa del sistema pensionistico, la soluzione non può che essere di giustizia: riconoscere ai lavoratori il diritto alla restituzione dei contributi “silenti”, ovvero dei contributi previdenziali versati che non abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico.
Tuttavia, dei modi per recuperare quanto versato, in attesa di una normativa più equa, esistono: alcuni di essi comportano degli oneri in capo al lavoratore, altri no.
Contributi silenti Inps: la ricongiunzione
Naturalmente, la prima modalità per recuperare gli anni di contributi consiste nel ricongiungerli alla gestione presso la quale matura la pensione: la ricongiunzione, tuttavia, è a titolo oneroso, e comporta degli esborsi piuttosto pesanti. I costi dell’operazione variano notevolmente a seconda dell’età e del sesso del richiedente, nonché del numero di anni da ricongiungere e della collocazione temporale dei periodi da recuperare.
Non è consentita per la Gestione Separata.
Contributi silenti Inps: la totalizzazione
Per recuperare i contributi silenti senza spese in capo al richiedente, si potrebbe allora utilizzare la totalizzazione, che è applicabile sia alla pensione di vecchiaia, che a quella d’anzianità (con requisiti differenti da quelli previsti dalla Legge Fornero): in questo caso, a meno che non si raggiunga il diritto ad un’autonoma pensione in una delle gestioni nella quale sono versati i contributi, il calcolo viene però effettuato col contributivo, in proporzione a quanto accreditato in ogni fondo o cassa.
Contributi silenti Inps: il cumulo, o totalizzazione retributiva
Questo è un nuovo istituto previsto dalla Legge di Stabilità 2013: è simile alla totalizzazione, ma permette di calcolare la quota di pensione maturata presso ciascuna gestione secondo le regole del fondo, e non obbligatoriamente col contributivo (saranno conteggiati con tale metodo, comunque, gli anni posteriori al 1996, per chi ha meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995, nonché, per tutti, gli anni dal 2002 in poi).
Tuttavia, il cumulo retributivo può essere utilizzato solo qualora non si maturi il trattamento di vecchiaia presso alcuna delle gestioni dove risultano versati i contributi; inoltre, non è consentito per la contribuzione accantonata presso le casse professionali e per la gestione separata.
Contributi silenti Inps: il cumulo per artigiani e commercianti.
In base ad una legge del 1990 , è possibile unire la contribuzione versata alla Gestione Inps artigiani e commercianti, con quanto versato presso il fondo dei lavoratori dipendenti. Il trattamento si otterrà sommando le due quote, calcolate separatamente sui contributi da lavoro dipendente e su quelli da artigiano/commerciante.
La pensione supplementare
Si tratta di un istituto che si può utilizzare per recuperare la contribuzione Inps accreditata nell’AGO (assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti ) , quando essa non è sufficiente a perfezionare una pensione autonoma : essa può essere richiesta da chi risulti titolare di una pensione a carico di un Fondo che sostituisce, esclude o esonera dall’AGO . Le circolari Inps in materia escludono esplicitamente i titolari di trattamenti a carico di Casse e Fondi per liberi professionisti, nonché gli appartenenti alla gestione separata.
Il riscatto di periodi lavorativi non coperti da contribuzione
Il recupero di vecchi rapporti di lavoro scoperti, qualora esistenti, può essere utile per unirli ai contributi silenti, ed ottenere così un’autonoma pensione di vecchiaia. L’alternativa è valida soprattutto se i periodi si collocano prima del 31.12.1992,poiché, raggiungendo 15 anni di contribuzione ante 1993, si può ottenere la pensione di vecchiaia con la Deroga Amato (stanti i requisiti d’età previsti dalla Riforma Fornero). Sarebbe, però, necessario provare la sussistenza del rapporto di lavoro, presentandosi all’Inps con documenti di data certa riferibili ai periodi lavorativi: inoltre, se il vecchio datore si rifiutasse di versare la contribuzione mancante, spetta al contribuente il pagamento dell’onere di riscatto, salvo la possibilità di far causa alla ditta per il danno subito. Giudizio che, va da sé, non sarebbe né semplice, data la distanza di tempo intercorsa, né immediato, viste le lungaggini giudiziarie italiane.
Ricordiamo che la Deroga Amato si può applicare anche a chi ha 15 anni di contribuzione e 10 anni di lavoro discontinui.
Il riscatto del ciclo di studi
Lo stesso ragionamento fatto per il recupero degli anni di lavoro scoperti, ovvero lo scopo di ottenere un’ulteriore trattamento, grazie al raggruppamento con i contributi silenti, vale ovviamente, per ogni tipo di riscatto.
Per quanto concerne il recupero dei periodi di studi, oltre agli anni del corso di laurea, è possibile riscattare, dal 12.07.1997, per gli iscritti all’Inps, attare anche i corsi di studi universitari sotto indicati [2]:
– Diploma universitario conseguito dopo un corso di durata tra 2 e 3 anni;
– Diploma di laurea conseguito dopo un corso almeno pari a 4 anni;
– Diploma di specializzazione conseguito dopo la laurea ed al termine di un corso di almeno 2 anni;
– Dottorato di ricerca.
Nicoletta, a far di conto , comunque sia, è tutto un racconto per farci credere che quella è la nostra pensione....
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